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La Destra Storica al governo

2. La Destra storica al governo

Gli esponenti appartenente alla Destra Storica governano dal 1861 al 1876

Si considerano eredi di Cavour e hanno avuto un ruolo protagonista nella formazione dell'Italia anche per il futuro.

Nel 1861 viene nominato capo del governo (la nomina la faceva il Re), il barone fiorentino Ricasoli (ma ricordiamo che la capitale era ancora a Torino). Ricasoli si pone il problema se dare allo Stato un assetto centrato o decentrato. Viene scelto il primo e l'Italia viene divisa in province, ognuna controllata da un prefetto (di nomina governativa) e comuni governati da sindaci (sempre nominati dal governo). Questo fenomeno si chiamerà Piemontesismo: la costituzione e le leggi piemontesi verranno applicate completamente su tutta l'Italia, senza tenere conto delle differenze dei paesi appena conquistati.
L'unificazione italiana per molti verrà vista come una conquista e anche il Re Vittorio Emanuele II manterrà il suo nome, a indicare questa continuazione, e non lo cambierà in Vittorio Emanuele I, come avrebbe dovuto, in quanto è Re di un nuovo regno.

I problemi per i territori conquistati, a Sud, saranno molto gravi: 

  • pesanti tasse
  • introduzione del servizio obbligatorio militare e obbligo scolastico
  • nessun investimento

Molte delle speranze sociali che avevano sostenuto la spedizione di Garibaldi vengono deluse. In molte zone del sud, ma soprattutto in Campania (dove più forti erano i sostenitori dei Borbone) si registra una rivolta sociale molto forte, quella dei briganti. I briganti erano composti da una larghissima fetta della società: ex garibaldini, ex soldati borbonici, famiglie intere con figli. I Briganti vedono il nuovo Stato come occupante e nemico e la loro rivolta durerà dal 1961 al 1965 creando una forte guerriglia in tutto il sud. La rivolta su repressa violentemente dall'esercito italiano con la legge Pica che permetteva di fucilare chiunque fosse trovato in possesso di armi. La repressione non tenne conto delle cause della rivolta e contribuì alla diffusione, nel sud Italia, di mafia e camorra.

A causa della guerra e dei mancati investimenti l'economia del Sud si trova ad essere fortemente arretrata rispetto al Nord: povertà, mortalità, redditi bassi, mancanza di infrastrutture. Per riattivarla si usò la ricetta del libero scambio (ovvero del Liberismo): no dogane interne, dazi doganali molto bassi. Obiettivo era il pareggio del bilancio. Questo obiettivo fu affidato a Quintino Sella il quale decise di raggiungerlo con due attività:

  • vendita delle terre della Chiesa nei territori conquistati. 
  • introduzione di molte tasse indirette come la odiata Tassa sul macinato (1868)

La prima attività aumentò il latifondo invece di redistribuire la terra ai contadini (altra promessa di Garibaldi non mantenuta), in quanto il Governo, avendo bisogno di soldi, vendette le terre all'asta e ovviamente le poterono ricomprare soltanto i più ricchi.

La seconda scatenò altre rivolte sociali violente che provocarono l'intervento dell'esercito guidato dal generale Cadorna con 257 morti.

Il 16 marzo 1876 il capo del governo Minghetti poté annunciare il raggiungimento del Pareggio del Bilancio: il paese era però spremuto e c'era adesso bisogno di ampie riforme che la destra storica non fu in grado di attuare (a causa del suo liberismo) e il 18 marzo il governo cade passando la mano alla Sinistra Storica.