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Presentazione

4. Le opere esoteriche

Platone, come molti altri "conduttori" di una scuola, scriveva opere sia rivolte ai suoi allievi che opere rivolte al pubblico esterno.
Le prime le chiamiamo opere "esoteriche" (interne), le altre "esterne" (essoteriche).

Delle seconde abbiamo molti esempi perché tutte le opere che ci sono arrivate appartengono al secondo gruppo.
Del primo gruppo invece possiamo solo ricostruirne i contenuti in via indiretta attraverso le opere e le lezioni dei neoplatonici o di chi, comunque, ha partecipato a quella scuola, l'Accademia.

Tutto quello che diremo qui, quindi, ha solo valore di ipotesi (e nemmeno troppo condivisa da tutti gli studiosi). 

L'Accademia platonica, sappiamo, era molto selettiva nella scelta dei suoi allievi e pare che si dovesse dimostrare una certa attitudine matematica per potervi accedere. Questo, evidentemente, dimostra che solo alcune persone sono degne o capaci di comprendere la verità come veniva insegnata a raggiungere là dentro. Possiamo quindi immaginare che le opere essoteriche fossero scritte per un pubblico "meno preparato", o addirittura incapace di comprendere, questa verità. Allora perché venivano scritte. Una delle ipotesi del sottoscritto è che queste opere fossero una sorta di scelta divulgativa di quella che era la scienza insegnata ma non per farla comprendere quanto per far capire che cosa si faceva là dentro e in un certo senso per "fidarsi" del lavoro, utile, dei filosofi.

Le opere esoteriche, invece, spesso dette "dottrine non scritte", le ricaviamo dalle opere dei neoplatonici (tra cui Plotino) e pare presentassero un Platone molto più complesso e "diretto" nella spiegazione di quella che fosse la sua teoria. Un Platone molto più vicino a Pitagora di quanto la teoria delle idee di solito raccontata fosse. Di queste teorie faremo solo cenno e riprenderemo con Plotino.