Stampa questo capitoloStampa questo capitolo

La Teoria delle Idee

2. La scienza dei numeri

La scienza dei numeri e delle figure è studiata da Platone per la sua “purezza concettuale”, che consente di fare considerazioni logiche molto rigorose su concetti nitidi e liberi da ogni riferimento all'empiria, aiutando l'uomo a realizzare il passaggio “da ciò che diviene a ciò che è”. Con tale sua concezione Platone offre ai filosofi posteriori l'illusione che la matematica possa attingere le entità assolute introducendo una divisione troppo netta fra matematica e tecnica; l'illusione graverà sullo svolgimento del pensiero filosofico per lunghissimo periodo e sarà superata solo in tempi moderni. È un tentativo di Platone di salvare con la matematica la sua “teoria delle idee” e giungere a cogliere l'essenza della realtà. A questa funzione della matematica Platone accomuna anche le altre scienze, ma ne esclude drasticamente la fisica, che egli considera un semplice studio dei fenomeni. Con pari intransigenza rifiuta l'apporto dei naturalisti greci, negando loro proprio lo spirito di ricerca, che invece sarà considerato il dato più positivo dai moderni. Al tentativo appassionatamente perseguitato dai naturalisti di spiegare lo svolgimento dei fenomeni con cause fisiche e meccaniche, Platone oppone una spiegazione matematico-finalistica della natura, che condurrebbe a trovare la motivazione dei fenomeni nella realtà assoluta. Ormai l'antagonismo fra Platone e Democrito è completo e la grande influenza esercitata da Platone sulla filosofia posteriore farà perdere per molto tempo la traccia del pensiero democriteo: essa infatti riapparirà solo nei sec. XVI e XVII. Sulla strada della fisica finalistica (Timeo) Platone avanza fino a formulare l'ipotesi dell'esistenza di numerose analogie tra “macrocosmo” e “microcosmo”, per cui l'ordine esistente nella natura è a essa antecedente e quindi per spiegare i fenomeni bisogna richiamarsi ai principi naturali.