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Spinoza

6. Stato e Religione

Tractatus Teologico-Politico

Come in Hobbes, lo Stato di Natura non permette a tutti di soddisfare il proprio istinto di auto-conservazione, ma lo Stato civile non è assoluto (come in Hobbes) ma si conforma alle leggi della propria natura. Le leggi tendono alla conservazione dello Stato e quindi dell'individuo.

La religione mira solo all'obbedienza ma non alla verità. Se la fede è ridotta all'obbedienza è impossibile un conflitto con la ragione. Unico precetto: l'amore per il prossimo.

Da Wikipedia:

La situazione storica dei Paesi Bassi in quel tempo era caratterizzata da continue lotte politiche tra un partito repubblicano e uno monarchico a sostegno della Casa d'Orange-Nassau; a tali dispute si intrecciavano violenti movimenti religiosi che vedevano da una parte varie sette riformate e dall'altra la Chiesa Calvinista.

In questo clima storico, nel 1670 Spinoza aveva pubblicato, anonimo, il Trattato teologico-politico, opera che suscitò un clamore ed uno sdegno generali, in quanto presentava un'accurata analisi dell'Antico Testamento, e in special modo del "Pentateuco", tendente a negare l'origine divina del libro. Né la fede, né la tradizione sostiene Spinoza possono condurci alla corretta esegesi della Scrittura

«[Il] presupposto fondamentale accolto dai piú per comprendere la Scrittura e trarne il vero significato [è] che essa sia cioè in ogni sua parte verace e divinamente ispirata. Ma questa dovrebbe essere la conclusione derivante da un severo esame che porti alla comprensione del testo; invece essi stabiliscono come norma interpretativa pregiudiziale quello che molto meglio apprenderemmo leggendo la Scrittura stessa, la quale non richiede il sostegno di umane suggestioni.
Considerando dunque che il lume naturale [la ragione] è tenuto in dispregio e anzi da molti persino condannato come fonte di empietà, che le suggestioni umane son ritenute insegnamenti divini e che la credulità è presa per fede, che nella Chiesa e nello Stato si sollevano con appassionata animosità le controversie dei filosofi; accorgendomi che questo costume genera ferocissime ostilità e dissidi, dai quali facilmente gli uomini sono portati alla sedizione, nonché molti altri mali che qui sarebbe troppo lungo enumerare, ho fermamente deciso di sottoporre la Scrittura ad un nuovo libero e spassionato esame e di non fare nessuna affermazione e di non accettare come suo insegnamento nulla di cui non potessi avere dal testo una prova piú che evidente.[39]»

La Scrittura viene infatti trattata come un prodotto storico - un insieme di testi redatti da uomini diversi in diverse epoche storiche - e non come il mezzo privilegiato della rivelazione di Dio all'uomo. Le profezie narrate nel testo sacro vengono spiegate ricorrendo alla facoltà della "immaginazione" di coloro che le hanno pronunciate, mentre gli eventi miracolosi, privati di qualsiasi consistenza reale, vengono definiti come accadimenti che gli uomini non riescono a spiegarsi e che per questo, per l'ignoranza delle cause che li hanno prodotti, essi finiscono per attribuire ad un intervento soprannaturale.

A differenza di Hobbes, Spinoza afferma che lo stato ideale non è quello assoluto autoritario, quindi con un monarca con potere inscindibile e irrevocabile. Scrive Spinoza a un suo corrispondente negli anni 1670:

«La differenza fra me e Hobbes, della quale mi chiedete consiste in questo, che io continuo a mantenere integro il diritto naturale e affermo che al sommo potere in qualunque città non compete sopra i sudditi un diritto maggiore dell'autorità che esso ha sui sudditi stessi, come sempre avviene nello stato naturale.[40]»

Il potere dello Stato cioè, emana dal diritto e deve essere commisurato all'autorità che esso è capace di esprimere nei confronti dei cittadini.[41]

Un vero Stato deve essere retto da un monarca assoluto, ma non dispotico. Se infatti lo fosse, priverebbe i cittadini della libertà di parola e quindi in pratica non saprebbe come comportarsi per il bene comune. Inoltre secondo Spinoza l'assolutismo autoritario è la più fittizia forma di governo che ci sia, dal momento che si occupa di limitare con continui sforzi la libertà, che però essendo intrinseca al cittadino, non può mai essere soffocata totalmente: dunque gli sforzi del governo sarebbero allo stesso tempo sistematici, ma vani.

Infine, il Trattato teologico-politico sostiene la necessità per uno stato di garantire ai suoi cittadini libertà di pensiero, di espressione e di religione attraverso una politica di tolleranza[42] di tutte le confessioni e di tutti i credi, senza interferenze in questioni che non riguardino la sicurezza e la pace della società.[43]. In nome di questa libertà di coscienza Spinoza pretende l'assoluta laicità dello Stato. L'autorità religiosa non si deve intromettere nelle convinzioni di coscienza dei singoli cittadini; chi è credente obbedirà alla gerarchia della sua Chiesa e dovrà limitarsi a quanto la sua fede prescrive cercando di essere giusto e caritatevole verso il prossimo.[44]

Del resto un'analisi storica della Bibbia, sostiene Spinoza, conferma che questo è l'insegnamento dei profeti e degli apostoli una volta che lo si sia purificato dal loro carattere individuale e dalle incrostazioni dipendenti dalla mentalità e dalle epoche storiche in cui questi hanno vissuto. Qui il Dio di Spinoza ha ancora una configurazione personalistica che sarà negata nell'Ethica, ma tuttavia, sottoponendola ad una purificazione razionalista, gli appare chiaro che la fede serve ad indirizzare alla virtù gli uomini più semplici mentre la verità è riservata alla ragione filosofica.[45]

Nelle pagine conclusive, il filosofo olandese addita come modello di convivenza pacifica, pur nella diversità, la città di Amsterdam e le Province Unite olandesi.

Nonostante l'anonimato, Spinoza venne presto riconosciuto come autore dell'opera, che venne messa al bando dalle autorità olandesi a partire dal 1674, insieme con il Leviatano di Thomas Hobbes.

In una lettera scritta nel dicembre del 1675 e inviata ad Albert Burgh (strenuo difensore del Cattolicesimo), Spinoza spiega chiaramente il suo punto di vista sia sul Cattolicesimo che sull'Islam. Spinoza afferma che entrambe le religioni sono fatte "per ingannare i popoli e per vincolare le menti degli uomini". Inoltre afferma che l'Islam supera di gran lunga il Cattolicesimo in ciò.[46][47]