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Le scienze pratiche

2. Etica

L'etica è la scienza pratica che ha come oggetto l'uomo come individuo e come fine la felicità, ovvero la sua conoscenza della natura umana e dell'agire per soddisfarla.

L'etica ha quindi come principi le virtù, definibili come norme di comportamento che permettano a chi le rispetta di soddisfare la propria natura.

Nelle scienze pratiche Aristotele si differenzia molto da Platone e già lo vediamo nella definizione di bene. Per Platone il Bene è uno solo ed è l'idea valore che "illumina" e dà senso a tutte le altre. Per Aristotele il bene è semplicemente il fine di ogni azione. Quasi sempre il bene non si trova nell'azione stessa ma è al di fuori di essa, cioè si agisce per raggiungere qualcosa che non si ha: si studia per avere un lavoro migliore; si va piano in autostrada per non farsi male...

Ma tutte le azioni con i rispettivi beni alla fine tendono ad unico bene, l'unico che ha come fine se stesso, il bene in sé, cioè la felicità. Agire in vista della felicità significa agire per agire, l'agire stesso è la felicità

Una critica di Aristotele a Platone era proprio la trascendenza del bene che lo rendeva di fatto impraticabile. Per Aristotele la felicità è invece una pratica reale. Si tratta di trovare quale è quell'agire che rende l'uomo felice. In questo Aristotele è molto più simile a Socrate.

Quale è questa pratica, fine a se stessa, che rende l'uomo felice? Quella che realizza la natura specifica dell'uomo, secondo la psicologia, ovvero la sua anima razionale: l'uomo è felice quando conosce!

Per realizzare questo fine due sono le tipologie di virtù necessarie:

  • ETICHE: le virtù che controllano la parte sensitiva dell'anima.
  • DIANOETICHE: le virtù specifiche dell'anima razionale
Virtù etiche

Sono le virtù che permettono all'anima razionale di controllare l'anima sensitiva, in particolare la sua volontà. In Aristotele ricordiamoci che la volontà è una componente della sensibilità, cioè della parte "animale" dell'uomo. Da ciò deriva che non è detto che sapere cosa sia il bene comporti il realizzarlo. Le virtù etiche servono a questo: a tenere la sensibilità e le passioni conseguente a freno e allenare la volontà a seguire gli indirizzi della parte razionale.

Tutte le virtù etiche raccomandano l'applicazione di un principio, quello del giusto mezzo, quello che raccomanda, tra due estremi, di cercare sempre una mediazione.

Cosa significa, in pratica?

Ricordiamoci che ci troviamo tra le scienze pratiche, le scienze i cui principi sono probabili ma non necessariamente veri e i cui "risultati" sono le azioni (l'agire coerentemente ai principi adottati). 

Nella vita pratica non possiamo avere un'idea chiara di quali potrebbero essere le conseguenze delle nostre azioni e allo stesso tempo non possiamo non agire (non possiamo non prendere decisioni ogni momento della nostra vita). Poiché lo scopo delle virtù etiche è solo quello di tenere a freno la volontà e le passioni, queste raccomandano di non sollecitare il corpo con decisioni estreme, azzardate, dagli esiti troppo incerti, insomma quelle decisioni che creerebbero passioni o che potrebbero essere il frutto di altrettante. Le virtù etiche raccomandano di vivere una "vita tranquilla", una vita che permetta all'anima razionale di dedicarsi alle virrtù dianoetiche, quelle che rendono l'anima sazia e felice. 

Le virtù etiche sono molte e alcuni esempi possono essere:

  • il coraggio, giusto mezzo tra viltà e temerarietà
  • la temperanza, giusto mezzo tra intemperanza e insensibilità
  • la magnanimità, giusto mezzo tra vanità e umiltà
  • la mansuetudine, giusto mezzo tra irascibilità e indolenza
  • la generosità, giusto mezzo tra avarizia e prodigalità

La virtù etiche che merita per un capitolo a parte è la Giustizia, dallo stesso Aristotele considerata la virtù etica più importante.

La giustizia è la virtù dell'individuo che si relazione gli altri individui e quindi sarà alla base della politica. La giustizia, più di altre, è la virtù etica che permette la realizzazione di quella vita buona che sarà condizione necessaria (anche se non sufficiente) per una vita felice.

La giustizia può essere, a seconda dei casi (che il virtuoso di volta in volta valuta), di due tipi:

  • Commutativa
  • Distributiva

La seconda è la giustizia che prevede che tutti sia dato secondo i suoi meriti (definita anche giustizia geometrica)

La prima invece è anche detta giustizia aritmetica e prevede che a ognuno sia dato in parti uguali.

Virtù dianoetiche

Le virtù dianoetiche sono le virtù dell'uso dell'anima razionale in sé. Come detto sopra l'esercizio delle virtù etiche può essere necessario ma non sufficiente per essere felici. La felicità si realizza infatti quando, tenuta a freno la volontà sensitiva, si esercita l'uso dell'intelletto, l'unica facoltà proprio dell'essere umano.

Le virtù sono 5 e per semplicità saranno qui divise in due gruppi (non ho l'unica divisione possibile!) a seconda delle due facoltà dell'anima razionale:

una facoltà scientifica teorica, poiché le virtù scientifiche , mirando alla conoscenza disinteressata della verità, non si prefiggono appunto nessun altro obiettivo al di fuori della sapienza in sé (sophìa). La facoltà scientifica si esprime

  • nella scienza (epistème) come attitudine alla dimostrazione,
  • nell'intelletto (noùs) come tendenza a conoscere i principi,
  • nella sapienza (sophìa) che è sintesi di scienza e intelletto;
una facoltà calcolativa pratica che comprende le virtù

  • dell'arte (technè), 
  • della saggezza o prudenza (phrònesis).
La saggezza può essere definita come la capacità di applicare le virtù etiche, la sapienza come la capacità di applicare le virtù dianoetiche, e quindi anche la saggezza. Possiamo dedurre quindi una sorta di gerarchia delle virtù dove la sapienza svetta su tutte le altre. Il sapiente è un uomo felice