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La Grande Guerra

4. L'Italia

il 2 agosto l'Italia di Salandra dichiara la propria neutralità (in virtù che la triplice alleanza fosse una alleanza difensiva): sia perché gli italiani non volevano il conflitto sia perché fosse, per adesso, più conveniente restare neutrali e trattare la propria neutralità.

Tra il 14 e il 15 si accende un dibattito sull'opportunità dell'Italia di entrare in guerra o meno.

Erano detti neutralisti diversi raggruppamenti ideologici:

  • cattolici che seguivano l'insegnamento pacifista della Chiesa soprattutto con Benedetto XV (settembre 1915) che temeva una guerra contro la cattolica Austria e temeva una rivoluzione sociale anche nelle campagne perché la guerra avrebbe peggiorato le loro condizioni di vita;
  • socialisti riformisti, l'unica frangia dei socialisti europei a sostenere che i lavoratori non dovessero partecipare a una guerra voluta da governi e potentati economici capitalisti. I proletari dovevano invece solidarizzare internazionalmente;
  • liberali giolittiani convinti che si potesse ottenere molto dalla guerra anche senza combattere (ad esempio il Trentini dall'Austria in cambio della propria neutralità).

Il fronte degli interventisti era animato da altrettanti raggruppamenti:

  • liberali conservatori come Salandra e Sonnino che volevano l'Italia come potenza economica e imperiale;
  • nazionalisti a favore dell'entrata in guerra da entrambe le parti (ma la maggior parte contro l'Austria per le terre irredente, come il trentino Cesare Battisti) in quanto esaltavano il carattere irrazionale della guerra come forza vitale rigeneratrice della società. Tra questi D'Annunzio e i futuristi;
  • Repubblicani e radicali, in nome della difesa delle nazionalità oppresse e della democrazia in pericolo (minacciata dalla Germania);
  • sindacalisti rivoluzionari come Labriola e socialisti rivoluzionari come Mussolini perché la guerra avrebbe permesso alle masse lavoratrici di risollevarsi.

Dopo aver trattato sia con Austria che con Inghilterra, Salandra e Sonnino (con il re Vittorio Emanuele III) firmano il 26 aprile 1915 il Patto di Londra con il quale si impegnano a entrare in guerra entro un mese dalla firma in cambio del Trentino, Alto Adige, Trieste, Istria, Dalmazia (esclusa Fiume) e Valone in Albania.

Le manifestazioni di piazza, a maggio, furono numerose in favore dell'intervento e anche se il parlamento era in maggioranza contrario, votò la fiducia a Salandra (escluso Turati)e il 24 maggio 1915 l'Italia entra in guerra a fianco dell'Intesa.