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Nazionalismo

2. Nazionalismo e Guerra

Dopo l'unificazione italiana e tedesca, dagli anni Settanta del 19° sec., il n. iniziò a configurarsi come ideologia della politica di potenza da parte di uno Stato. Con la seconda rivoluzione industriale, l'ingresso delle masse nella vita economica implicò la ricerca di una strategia di integrazione politica che condusse alla piena identificazione tra nazione e Stato, con il fine di realizzare una solidarietà nazionale che superasse le divisioni di classe.

Sul piano internazionale il n. fu alla radice (tra 19° e 20° sec.) della competizione tra le nazioni europee e dello scontro imperialistico tra le grandi potenze. All'inizio del 20° sec. sorsero movimenti nazionalisti (per es. l'Action française, la Lega pangermanica, l'Associazione nazionalista italiana) volti a contrastare i regimi democratici e a disinnescare i conflitti sociali (e la minaccia socialista). Questo tipo di n., teso a esaltare l'identità nazionale e la politica di potenza, contribuì in modo decisivo allo scoppio della Prima guerra mondiale. In Italia il n. fu una delle componenti essenziali del fascismo e diede luogo all'esaltazione dello Stato. In Germania, invece, si legò al concetto di razza e alimentò, in questa veste, l'ideologia nazista. Con la Seconda guerra mondiale questi tipi di n. caddero in discredito. La versione del n. fondata sull'autodeterminazione dei popoli continuò invece ad avere un ruolo storico, alimentando i movimenti di liberazione dal colonialismo nei paesi del Terzo Mondo. Forme di n. fortemente identitario si sono sviluppate nei paesi ex comunisti dopo la caduta dei regimi totalitari (per es. nella ex Iugoslavia).

In generale si distingue tra il nazionalismo democratico o liberale, che si affermò in Europa e America Latina durante la prima metà dell'Ottocento, ed il nazionalismo della seconda metà del XIX secolo. Il primo pensava alla nazione come comunità che coesiste pacificamente e pariteticamente con altre nazioni (tipica ad esempio di Giuseppe Mazzini), mentre il secondo è legato alla reazione contro la democrazia parlamentare ed all'espansionismo delle nazioni d'Europa impegnate nella gara di supremazia extraeuropea, il colonialismo. Nella prima metà dell'Ottocento il nazionalismo, nell'accezione più alta del termine, cioè come espressione suprema dell'idea di nazione, si sviluppò con maggior vigore in quei paesi che non si erano ancora dotati di uno stato unitario, e cioè la Germania e l'Italia. Quando ciò avverrà, negli anni sessanta di quello stesso secolo, gli equilibri europei verranno sconvolti e con essi si accelererà lo sfascio dei vecchi imperi multinazionali (soprattutto dell'Impero austro-ungarico e di quello euroasiatico Ottomano), mentre il nazionalismo assumerà caratteri diversi negli Stati-nazione: nel Regno Unito si identificò con la missione imperiale britannica, in Germania si sforzò di creare uno stato autoritario a forte vocazione protezionista e con suggestioni pangermaniste (von Treitschke e von Sybel anticipate già da Fichte), in Francia si strinse attorno al tradizionalismo monarchico e cattolico della destra di Barrès, manifestatosi in occasione dell'affare Dreyfus.