Socrate
La radice della nostra cultura occidentale
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Libro: | Socrate |
Stampato da: | Utente ospite |
Data: | giovedì, 21 novembre 2024, 16:46 |
1. Le fonti
Nasce ad Atene nel 470 a.C. e inizia i suoi interessi filosofici nel campo della fisica come allievo di Anassagora.
Indirizza l'interesse, solo successivamente, alla ricerca della vita buona e della cura dell'anima.
La filosofia per Socrate non è una teoria, ma un ATTEGGIAMENTO.
Socrate opera durante il periodo in cui ad Atene si trovano i maggiori sofisti del suo tempo ma egli è pure un Sofista?
- SI, perché si prende cura dell'uomo (società, educazione, politica) e del linguaggio (con attenzione particolare rivolta al dialogo)
- NO, perché crede nell'esistenza di valori comuni quindi non aderisce al relativismo della maggior parte dei sofisti
Socrate non scrisse nulla (come spiegato nel Mito di Theuth) in quanto a suo avviso la scrittura comunica teorie ma NON stimola la ricerca (un libro non si interroga). e quindi è ben difficile ricostruirne il pensiero. Per questo ci si appoggia a numerose fonti indirette, tre in particolare:
- Aristofane, il commediografo, che con la sua opera "Le Nuvole" lo descrive come un chiacchierone, perdigiorno e corruttore. Descrive bene il clima culturale dell'Atene del V secolo ma anche il fatto che Socrate fosse uno che dava fastidio a tutti per il suo incessante mettere in discussione il sapere altrui;
- Platone, da cui ricaviamo l'immagine tradizionale. In questo caso, però, è difficile distinguere il pensiero del maestro da quello dell'allievo;
- Aristotele, il quale lo presenta come lo scopritore del concetto e teorico della virtù come scienza.
2. Conosci te stesso
Abbandonati gli studi cosmologici, intende la filosofia come indagine dell'uomo sul proprio essere, uomo che è tale solo in rapporto agli altri uomini.
Prima condizione della ricerca è la coscienza della propria ignoranza: sapiente è solo chi sa di non sapere. Il filosofo è dunque colui che ha compreso che intorno alle cause e alla struttura del tutto non si può dire nulla con sicurezza. Invece solo chi sa di non sapere, cerca di sapere (il filosofo è colui che sta a metà tra l'ignoranza e la sapienza).
La missione di Socrate si realizza tutta nel dialogo: rendere consapevole l'interlocutore della propria ignoranza attraverso l'uso dell'Ironia (eironèia=dissimulazione) che permette a chi riceve le domande di Socrate di veder crollare tutte le proprie certezze.
Una volta svuotata la mente dell'interlocutore non la si riempie con la propria verità (che equivarrebbe a un lavaggio del cervello) ma lo si stimola a cercarne al suo interno una personale. Questa arte Socrate la chiama maieutica, arte di "far partorire" la verità. La domanda tipica di Socrate è "ti esti" (che cos'è"?) e ad ogni definizione ottenuta, tramite l'ironia la smonta per poi invitare a costruirla di nuovo, ogni volta più vicina alla verità.
La verità diventa con Socrate una conquista personale e universale allo stesso tempo.
Aristotele, non a caso, attribuisce a Socrate la scoperta sia del ragionamento induttivo (dai casi particolari alle definizioni generali) sia dell'universale, ovvero del concetto a cui arriva l'induzione.
3. La virtù
Definiziamo "virtù" come modo ottimale di qualcosa. Per l'uomo "modo migliore di comportarsi nella vita, in quanto uomo".
Per la tradizione è un qualcosa di dato dalla nascita, per i sofisti qualcosa di insegnabile e perseguibile con l'impegno. In questo Socrate è d'accordo.
La virtù come scienza e ricerca, quindi.
Scienza perché la virtù è una forma di sapere e perché per essere uomini nel modo migliore si deve riflettere, cercare, ragionare.
La virtù è:
- unica, scienza del bene da cui derivano tutte le altre
- un valore interiore, che Platone troverà nell'anima e che è l'uso della ragione
- politicità, poiché l'uomo è animale sociale e la virtù è quindi il "ragionare insieme", trovare beni comuni
4. L'intellettualismo etico
Dalla virtù come scienza un paradosso:
"Nessuna fa il male volontariamente".
Socrate verrà criticato per il suo "intellettualismo etico" che non distingue intelletto e volontà.
Socrate si difende affermando che chi sa cosa è il bene e non lo fa, non era evidentemente convinto di quel bene (ovvero non conosce il bene)
Se la virtù è fare il bene che è ciò che ci rende felice, non fare il bene ci rende infelici, e nessuno può cercare di essere infelice se non per ignoranza.
Non fare il bene sapendolo, infatti, fa risvegliare dentro di noi un daimon (demone) che ci sveglia la voce della coscienza.