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Platonismo e Aristotelismo

La riscoperta di Platone e Aristotele durante il Rinascimento

Sito: Meta-Apprendisti
Corso: Apprendisti Filosofi
Libro: Platonismo e Aristotelismo
Stampato da: Utente ospite
Data: giovedì, 21 novembre 2024, 14:46

1. Introduzione

Platonismo

Nell’Umanesimo si ha una vera e propria riscoperta di Platone nel cosiddetto “Platonismo rinascimentale”. Si vide in lui la figura più affascinante della classicità per il suo filosofare aperto e problematico diversamente da Aristotele o dall’Aquinate e, perciò sembrava il più adatto a esprimere l’inquietudine dell’uomo e la complessità del reale. In particolare, non essendo distinto da Plotino appariva l’anticipatore dello spirito religioso cristiano e adatto a esprimere il rapporto fra Dio e mondo secondo il doppio processo della derivazione del mondo da Dio e del ritorno del mondo allo stesso (ciclo platonico). Questo interesse per Platone, si concretizzò nelle prime traduzioni dei Dialoghi (riscoperti proprio nel Rinascimento), di Leonardo Bruni e in seguito, da parte di Marsilio Ficino (soprattutto a Firenze centro geografico nel Platonismo) che, tuttavia, non svincolarono Plotino dall’insegnamento Platonico che, continuò infatti, a essere interpretato in chiave neoplatonica. Esso perciò assunse la forma di un neoplatonismo cristianeggiante ben lontano dal conoscere il Vero volto del filosofo classico.

Aristotelismo
Centro dell’Aristotelismo è Padova, nella cui università già dal XIII secolo, sulla riflessione di Averroè, si era indagato sul significato più autentico delle opere dello stagirita. Da questo tentativo, si affrontarono traduzioni filologicamente più corrette e si individuarono i “commentatori” più aderenti al vero significato aristotelico, come Alessandro di Afrodisia e Simplicio. L’aristotelismo di questo periodo si divise in due correnti: Averroisti e Alessandristi.
•I Primi concepivano un unico intelletto separato, e in quanto tale immortale, e l’individuo mortale;
•Gli Alessandristi concepivano l’uomo mortale e l’anima anch’essa tale poiché legata al corpo;
Nonostante ciò, comunque, entrambi gli orientamenti presentano notevoli interessi in comunione tra cui: una mentalità naturalistico - razionalistica (la natura è il campo privilegiato della filosofia e la ragione metodo della ricerca), l’interesse per la gnoseologia e del problema dell’anima, la separazione del campo della Fede e della Ragione e infine, la Dottrina della “Doppia Verità” (una tesi può essere contemporaneamente vera in filosofia e falsa in teologia e viceversa). Tale teoria, considerata per molto tempo una possibile applicazione del pensiero averroniano, recentemente è stata inquisita da molti studiosi tra cui Kristeller, ed ha assunto un significato più sottile, volendo intendere che un’idea può essere più probabile secondo la ragione che per la fede.



2. Nicola Cusano

Tedesco, 1401-1464

Due concetti:

  1. Infinità di Dio (incommensurabile)
  2. Dotta ignoranza (coscienza dell'inconoscibilità di Dio che rende la verità come qualcosa a cui si può solo tendere)

Mutua platonismo cristiano (tra cui Agostino) con schemi e concetti moderni.

La conoscenza viene definita (come Pitagora) come un rapporto tra noto e ignoto, come proporzione. Ma essendo Dio infinito non è possibile di esso una proporzione. Di Dio possiamo solo dire cosa non è diventando esso il limite della conoscenza umana.

In Dio si realizza la cosiddetta coincidenza degli opposti (che ricordo molto l'identità dei contrari di Eraclito, l'apeiron di Anassimandro e l'Uno di Plotino).

Il rapporto tra Dio infinito e mondo finito si realizza in termini di 

  • complicazione: molteplice nell'Uno, mondo contenuti in Dio
  • esplicazione, uno in molti, Dio si spiega in quello che crea senza esaurirsi in esso

Dio è in tutto, pur rimanendo al di là delle cose stesse e l'universo viene ad essere come un Dio contratto, il determinarsi di una cosa comune.

La teoria cosmologica di Cusano è rivoluzionaria: se Dio è infinito si dispiega infinitamente e quindi anche l'universo è infinito, senza centro né circonferenza.

3. Marsilio Ficino

1433-1499

Fondatore a Firenze, su volere di Lorenzo de Medici, dell'Accademia Platonica Fiorentina. Uno degli scopi della fondazione di questa accademia è il contrastare qual'aristotelismo alessandrino che affermava la mortalità dell'anima.

L'anima, per Ficino, è innegabilmente immortale è la dimostrazione più semplice che si possa dare è che l'uomo lo sa da sempre, già da prima dell'avvento del cristianesimo (vedi Pitagora e Platone)... è una sorta di idea innata.

Obiettivo della scuola, in generale, è quello di fondare una "teologia platonica": rinnovamento della civiltà cristiana ponendo l'uomo al centro della riflessione.

l'Anima da Ficino è definita Copula Mundi: incontro dell'uomo con Dio al centro dell'universo immortale:

  1. Dio
  2. Angeli (Nous)
  3. Anima
  4. Qualità (forma)
  5. Quantità (materia)

Come in Platone e in Plotino l'Eros è il movimento amoroso che trascina l'anima dal mondo dell'esperienza alle idee eterne e più in generale l'Amore è la forza che ordina l'universo.

Da qui la giustificazione dell'Amore per l'arte e per il bello e quindi la rivalutazione dell'Estetica propria del rinascimento.

4. Pietro Pomponazzi

1462-1525

Docente all'Università di Padova, come molti suoi colleghi, sarà un difensore dell'aristotelismo.

Pomponazzi distingue nettamente la filosofia (ragione) dalla religione (fede). La prima per i dotti, la seconda per il volgo.

Per ogni "questione" si viene quindi a distinguere una "doppia verità":

  • Per la filosofia l'universo obbedisce a un ordine necessario, per la fede è dato da un intervento divino
  • Per la filosofia l'anima è mortale, per la fede è immortale.

Sulle ragioni aristoteliche dell'immortalità dell'anima c'è da aggiungere che Aristotele non ha mai sostenuto se l'anima sia o meno immortale. Ricordiamo qua la teoria aristotelica sulle funzioni dell'anima intellettiva che viene distinta in:

  • Intelletto potenziale: capacità di intendere
  • Intelletto agente: luce intellettuale che contiene tutti gli intellegibili e che quindi illumina nell'intelletto potenziale i pensieri che sono in potenza

Dai commentatori aristotelici sono pervenute due distinte scuole:

  • Quella di Alessandro di Afrodisia: secondo il quale l'intelletto agente è individuale e quindi muore con il corpo
  • Quella di Averroè: secondo il quale l'intelletto agente è unico, cosmico, e quindi l'anima è immortale

Pomponazzi fa notare che il non credere nell'immortalità dell'Anima non trasforma necessariamente il filosofo in un peccatore immorale giacché, anzi, chi non crede in un premio oltremondano per la propria virtù, esalta la morale come autonoma e come premio in se stessa per una vita mortale buona.