Leibniz
Se la dottrina di Spinoza è una filosofia dell'ordine geometrico del mondo, quella di Leibniz, pur affermando anch'esso che il mondo abbia un ordine, vede in esso una libera creazione di Dio e si sforza di conciliare il meccanicismo con il finalismo e i principi della metafisica.
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Libro: | Leibniz |
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Data: | giovedì, 21 novembre 2024, 13:14 |
1. L'ordine contingente del mondo
Esiste un ordine del mondo, non geometricamente predeterminato e quindi necessario, ma spontaneamente ordinato e quindi libero. Il lavoro di Leibniz è nel ricercare quest'ordine e di farlo in tutti i campi dello scibili.
Nulla accade nel mondo che sia irregolare. Supponiamo che qualcuno segni a caso sulla carta una quantità di punti. Sarà possibile sempre trovare una regola una norma, una legge che dia un ordine a quei punti apparentemente a caso. (Liberamente tratta da "Discorso di metafisica", par.6)
2. Verità di ragione e verità di fatto
L'opera di Leibniz è dunque rivolta a giustificare questo ordine contingente e quindi a dimostrare che ordine non significa necessità.
La necessità si trova solo nella logica, non nella realtà.
Nella logica si trovano infatti le verità di ragione, le uniche necessarie. Tali sono le verità dei giudizi cosiddetti analitici, quei giudizi in cui il predicato è già contenuto nel soggetto. Es. Il triangolo ha tre lati. Tali giudizi sono fondati sui principi di identità e non contraddizione. Questi giudizi non dicono niente della realtà, non possono essere derivate dall'esperienza e quindi non innate. Il fatto che siano innate non significa che sono evidenti (critica di Locke a Cartesio) ma sono anzi confuse se non vengono rese evidenti dall'esperienza.
Le verità di fatto sono invece contingenti e e concernono la realtà effettiva. Il predicato, in questo caso, non è contenuto nel soggetto, es. "La mela è rossa" e quindi perché siano fondate è necessario il principio di ragion sufficiente: in base a questo principio nulla si verifica senza una ragione sufficiente.
Questo principio è il principio proprio di quell'ordine che Leibniz si è sforzato di trovare in ogni aspetto dell'universo, non ordine che non esclusa ma includa la libera scelta: tra i molti mondi possibili solo uno è stato scelto.
3. La sostanza individuale
Se in una verità di ragione il soggetto e il predicato sono identici, e quindi non possono contraddirsi, in una verità di fatto il predicato può anche essere negato senza dare origine a una contraddizione.
Il soggetto deve quindi contenere la ragione sufficiente del suo predicato. Un soggetto di questo genere è sempre un soggetto reale o esistente , cioè una sostanza, che Leibniz chiama "sostanza individuale".
La natura di una sostanza individuale ha una nozione così compiuta da essere sufficiente a far comprendere e dedurre tutti i predicati che le sono attribuiti.
L'uomo, che non ha una nozione completa, deve dedurre dall'esperienza questi predicati, ma Dio, la cui conoscenza è completa, è in grado di scorgere nella nozione di ogni sostanza la ragione sufficiente di tutto ciò che gli è accaduto e gli accadrà.
4. La forza
Alla costituzione atomica della materia, Leibniz rinunciò quando giunse a formulare quella che egli stesso definì una delle sue grandi massime, la legge della continuità: "la natura non fa mai salti".
In seguiti Leibniz smise di vedere nell'estensione e nel movimento (elementi della fisica cartesiana) i costituenti originari del mondo fisico e riconobbe invece come unico elemento originario la forza. Sostituisce quindi il principio di conservazione del moto con quello di conservazione della forza (che oggi chiamiamo energia cinetica)= mv2
La forza viva rappresenta la possibilità di produrre un determinato effetto, ad esempio il sollevamento di un peso (cosa che non può fare il movimento che è il solo effetto). Il movimento non è reale di per sé, come non lo sono lo spazio e il tempo che devono essere considerati "enti di ragione" attraverso i quali esprimiamo i rapporti di coesistenza e di successione delle cose. La forza è dunque la vera realtà dei corpi.
Leibniz accetta il meccanicismo di Cartesio solo come una spiegazione provvisoria che esige di essere integrata da una spiegazione più alta, fisico-metafisica.
Va distinta la forza passiva (che costituisce la materia) da quella attiva (la vera e propria forza, il conatus).
Anche la massa quindi non è più nulla di corporeo, sicché Leibniz risolve la realtà fisica in una realtà incorporea. Il dualismo cartesiano viene risolto tutto a fare della res cogitans, eliminando la res extensa.
5. La monade
La sostanza individuale è lo stesso principio logico della ragion sufficiente elevato a entità metafisica e cioè a elemento costitutivo di un ordine contingente e libero.
Nel 1696 Leibniz introduce il concetto di Monade per poter estendere al mondo fisico il concetto dell'ordine contingente e perciò di unificare il mondo fisico con quello spirituale.
La Monade è un atomo spirituale, una sostanza semplice, senza parti e quindi priva di estensione. Quindi non si può disgregare ed è eterna: solo Dio può crearla o annullarla.
Ogni Monade è diversa dall'altra: non vi sono due essere perfettamente uguali e questo principio lo chiama identità degli indiscernibili: la differenza tra due monadi non può essere solo quantitativa (cioè nel tempo e nello spazio) ma anche sempre qualitativa. Detto in altri termini: una stessa sostanza non può essere in luoghi o tempi diversi. Due cubi possono esistere solo in matematica, non nella realtà.
Essendo sostanze semplici, le monadi non possono influenzarsi a vicenda ma sussistono come mondi chiusi, autonomi, privi di "finestre". Quindi le altre monadi sono presenti alla singola monade solo sotto forma di rappresentazione al punto che ogni monade si configura come una sorta di specchio vivente dell'universo, sia pure da uno specifico "punto di vista".
La monade è un centro attivo di rappresentazioni e consta di due attività fondamentali:
- la percezione, cioè la stessa attività rappresentativa
- l'appetizione, cioè il tendere da una percezione all'altra
Da non confondere la percezione con la consapevolezza della percezione, proprio solo degli esseri coscienti. Solo questi ultimi sono dotati infatti di una terza facoltà che è l'appercezione, cioè la percezione cosciente, propria solo delle "anime". L'anima pensa sempre, anche quando non si accorge di pensare e in ciò si oppone a Cartesio e Locke che avevano identificato il pensare con la coscienza di pensare.
I gradi di perfezione delle monadi sono determinati dai gradi delle loro percezioni. C'è quindi una differenza fondamentale tra Dio (anch'egli una monade) e le monadi create che sono per natura finite e dotate di una percezione particolare. Dio rappresenta il mondo da tutti i punti di vista e con la maggiore chiarezza possibile, mentre le monadi create hanno un grado di chiarezza inferiore.
Le monadi semplici hanno un grado di chiarezza minimo (nullo o confuso); le monadi fornite di memoria sono quelle che costituiscono le anime degli animali, quelle fornite di ragione sono quelle che costituiscono gli spiriti umani.
5.1. Materia prima e materia seconda
Anche la materia è costituita di monadi.
Essa non è né sostanza corporea, né sostanza spirituale, ma un "aggregato" di sostanze spirituali.
La materia diviene quindi ad essere infinitamente divisibile cioè divisibile in monadi, ma queste non hanno nulla di corporeo.
Leibniz chiama la materia seconda la materia intesa in questo modo, cioè come aggregato di monadi.
Chiama invece materia prima la potenza passiva (forza di inerzia o resistenza) che è nella monade che insieme alla potenza attiva (o entelechia) costituisce la monade.
Nelle monadi superiori, le anime, la potenza passiva o materia prima è l'insieme delle percezioni confuse che costituiscono ciò che vi è di propriamente finito, cioè imperfetto, nelle monadi spirituali create.
Da un punto di vista metafisico ogni sostanza, una volta creata, non fa che agire poiché non subisce l'azione di alcuna altra sostanza ma si deve aggiungere che, considerando come azione un esercizio di perfezione e come passione il suo contrario, non ci è azione delle sostanze se non quando la percezione diviene distinta.
Le percezioni confuse indicano, per Leibniz, la nostra imperfezione, la nostra dipendenza dall'insieme delle cose esterne, mentre la perfezione viene dai nostri pensieri distinti.
Il corpo degli uomini e degli animali è materia seconda. Questo aggregato è tenuto insieme da una monade superiore: l'anima vera e propria, la monade dominante. Dominante non perché sia qualitativamente diversa, ma solo perché ha un grado di chiarezza superiore.
I corpi seguono le leggi meccaniche, le anime le leggi della finalità. Si ripropone il problema del dualismo mente corpo.
5.2. L'armonia prestabilita
Al problema mente-corpo si accompagna il problema della comunicazione reciproca tra le monadi che costituiscono l'universo.
Le monadi sono indipendente ma allo stesso tempo legate tra loro in quanto ognuna di esse rappresenta una rappresentazione, più o meno chiara, di tutte le altre.
Ma sebbene ogni monade rappresenti l'intero universo, esso rappresenta più distintamente il corpo che le si riferisce particolarmente e di cui costituisce l'entelechìa e poiché tale corpo, fatto di monadi, costituisce tutto l'universo, così l'anima, rappresentando il corpo che l'appartiene, si rappresenta insieme tutto l'universo.
Tre possibili soluzioni:
- Influenza reciproca.
- Assistenza di un deux ex machina
- Armonia prestabilita
Secondo l'ultima soluzione l'anima e il corpo seguono entrambe le proprie leggi ma il loro accordo è fissato al momento della creazione.
5.3. Innatismo
La vita nell'anima si sviluppa con una perfetta spontaneità dal suo interno. L'anima è una specie di automa immateriale.
Da Leibniz un innatismo totale: ma monade è tutta innata a se stessa, giacché nulla può ricevere dall'esterno.
Non solo le verità di ragione, sono innate, anche le verità di fatto e perfino le sensazioni.
Contro Locke (che negava l'esistenza delle idee innate perché non presenti alla coscienza), Lebniz afferma che le idee innate sono "in potenza", cioè presenti alla mente non in modo attuale. L'anima ricava da se stessa le sue idee.
6. La teodicea
Dopo l'armonia prestabilita, il pensiero di Leibniz diventa speculazione teologica:
- dimostrazione dell'esistenza di Dio
- il problema della libertà
- il problema del male
Le prove di Dio
La prova a posteriori di Leibniz è la celebre prova ex possibili et necessario di Tommaso d'Aquino. Il principio di ragion sufficiente non giustifica alcunché di necessario, quindi è necessario dedurre qualcosa di necessario che renda possibile la loro esistenza.
Dio è quindi sia ragion sufficiente del mondo esistente, che principio di ragion ragion sufficiente di tutti i mondi possibili.
La prova a priori rielabora invece la prova ontologia di Anselmo d'Aosta utilizza il concetto del "possibile".
Il male e la libertà
Il problema del male è la possibilità di conciliare l'idea di un Dio creatore buono e onnipotente con la presenza, nella sua creazione, del male. Con il termine "teodicea" (lett. La giustizia di Dio) Leibniz intende la "giustificazione" di Dio e del suo operato.
Come Agostino, L. distingue tre tipi di male:
- metafisico, implicito nella finitudine delle creature ed è una forma di non essere
- morale, che coincide con il peccato e la colpa
- fisico
Il male da cui deve essere scagionato Dio è il secondo. L. distingue in Dio una "volontà antecedente", il bene in sé, e una "volontà conseguente" che scontrandosi con la realtà e il principio di non contraddizione, sceglie il meglio.
In Dio si parla di volontà permissiva rispetto al peccato, nel senso che Dio lo permette in base alla sua volontà conseguente.
Lasciare una parvenza di libertà umana, in tutto questo, è molto difficile ma c'è da dire che la teologia non è tutta la filosofia di Leibniz ma solo il suo principio ispiratore nell'ottica di ricostruire tutto lo scibile umano all'interno di un ordine universale.