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Le scienze teoretiche

Sito: Meta-Apprendisti
Corso: Apprendisti Filosofi
Libro: Le scienze teoretiche
Stampato da: Utente ospite
Data: giovedì, 21 novembre 2024, 13:16

1. L'essere

Le scienze teoretiche hanno come oggetto l'essere, come fine la conoscenza disinteressate (cioè hanno il fine in loro stesse - e non potrebbe essere altrimenti, dato che non può qualcosa che studia l'essere avere come fine qualcosa al di fuori dell'essere stesso) e come metodo la dimostrazione.

Le scienze teoretiche sono le uniche che hanno principi che possono dirsi con certezza veri (a differenza delle pratiche o produttive che hanno principi sono probabili o possibili).

Ricordiamo, come abbiamo detto a proposito della logica, che è quest'ultima che discrimina una scienza da un'altra qualsiasi forma di conoscenza, quindi dalle opinioni. In generale potremmo dire che non è importante la verità delle premesse ma che, possedendo una verità (anche come ipotesi) possa essere conservata o "usata" per dedurre altre verità. Nel caso delle scienze teoretiche, però, le premesse sono anche vere. Quindi una scienza che sia dimostrativa, come quelle in oggetto sono scienze i cui:

  • Principi sono veri
  • Sillogismi sono validi

E quindi tutto ciò che se ne deduce è una dimostrazione.


2. La Filosofia Prima

La prima delle scienze teoretiche, almeno in senso logico, è la, per l'appunto chiamata così, filosofia prima, definita:

"scienza dei principi primi di ogni scienza".

L'oggetto di questa scienza è l'essere in sé, quindi la determinazione dei principi dell'essere. Viene da sé che se dell'essere conosco dei principi questi:

  • Sono necessariamente veri (non possono essere negati, in quanto non c'è altro, oltre all'essere, che possa negarli)
  • Valgono per qualsiasi scienza giacché qualunque sia l'oggetto di una scienza particolare, essa parlerà anche dell'essere

Talvolta questa scienza viene chiamata metafisica. C'è da dire che questo termine non è di Aristotele ma di uno dei suoi commentatori che, riordinando i suoi appunti (vedi il problema dei testi esoterici di Aristotele), ordino prima i testi di fisica e poi quelli della filosofia prima che, in questo caso, li chiamò quelli "dopo la fisica". Metafisica significa semplicemente questo: "dopo la fisica" che però può essere letto anche in un altro modo, e cioè: oltre la fisica, cioè oltre il mondo sensibile. Il termine ha avuto molto successo e viene oggi applicato senza problemi anche ai predecessori di Aristotele stesso, come Platone e Parmenide.

Quanti e quali sono i modi di parlare dell'Essere? Aristotele ne indica diversi, tra cui ricordiamo:

  • Essere come vero
  • Essere come categorie e Sostanza
  • Essere come atto e potenza
  • Essere come le sue quattro cause
Essere come vero

Dell'Essere, come accennato sopra, non si può che dire qualcosa di vero (e necessariamente vero). Un principio questo che ci portiamo fin dai primi fisici e in particolare da Parmenide. Per questo, appunto, le scienze teoretiche sono le uniche dimostrative.

Il principio fondamentale dell'Essere, quindi, sarà il principio di Non-Contraddizione (vedi la logica):

"Non può essere che A e non-A siano entrambi veri" -(A e -A)

oppure

"O A è vero o A è falso, tertium non datur"

detto anche principio del Terzo Escluso.

Essere come categorie

Già dal primo principio, quello di non contraddizione, intuiamo che c'è una grossa attinenza tra logica e Essere. La logica rappresenta il nostro modo di pensare, le regole dell'intelletto, ma anche le regole dell'Essere, quindi della realtà in sé. Che tradotto in termini gnoseologici è anche per questo che dell'Essere posso produrre una conoscenza per intuizione intellettuale, e non necessariamente passando per l'esperienza (come per le altre scienze) e il ragionamento induttivo (vedremo più avanti la gnoseologia aristotelica).

Ogni cosa che esiste, dunque, secondo la logica, può essere pensato per categorie (come termine). Tutte le categorie sono accidentali ad esclusione della Sostanza che è, invece, necessaria - non posso pensare infatti un ente se non penso prima come esistente.

Essere come Sostanza

Di tutte le categorie solo una è necessaria ed è la categoria di sostanza. Non posso pensare qualcosa se prima non lo penso come esistente.

Cosa rende esistente un ente? Secondo Aristotele non solo la sua pura forma (che chiama anche essenza o sostanza seconda) ma anche la sua materia, cioè esistere nel tempo e nello spazio.

La sostanza dunque è per Aristotele è un sinolo cioè un ente dotato sia di materia che di forma (chiamato anche sostanza prima).

Essere come atto/potenza

Quello dell'atto/potenza è il principio che giustifica, di ogni ente, il movimento, il passaggio da una forma all'altra.

Ogni cosa che cambia (un movimento, una trasformazione etc) deve avere in sé le ragioni per farlo, o meglio, le possibilità. Ogni movimento dunque deve presupporre una potenza. Detto in altri termini ogni cambiamento è un passaggio dalla potenza all'atto.

La potenza Aristotele la identifica con la materia di cui è composto un ente. Cioè la materia viene ad essere la causa intrinseca del movimento (tutto ciò che si muove è composto da materia, di conseguenza chi è privo di materia non si muove) e nella materia di un ente, in potenza, vi sono tutte le possibilità del suo cambiamento, cioè tutte le possibili forme che quella materia può assumere. In atto ne sarà però, in ogni singolo tempo, solo una.

Essere come quattro cause

Aristotele scriveva che per conoscere qualcosa non basta sapere come è ma sapere perché è, cioè conoscere tutte le sua cause. Di ogni ente le cause sono quattro, due statiche e due dinamiche:

  • CAUSE STATICHE: causa formale e causa materiale
  • CAUSE DINAMICHE: causa efficiente e causa finale

Ogni cosa che è, è quella che è ovviamente per la sua sostanza e quindi per la sua forma e materia di cui è composta. Queste sono dette anche cause interne o implicite.

Ma ogni cosa che è, per essere in atto quello che era in potenza, necessità di essere spiegata anche per cause esterne all'ente stesso e a questo servono le cause dinamiche:

la causa efficiente, intesa come "motore"; la causa finale, intesa come fine

Se prendiamo come esempio un oggetto come "la statua di Marco Aurelio": la causa materiale è il marmo, la causa formale è la forma di Marco Aurelio, la causa efficiente è lo scultore, la causa finale è il perché ha dato al marmo la forma che aveva in potenza di Marco Aurelio e potrebbe essere il fine di porre quella statua in un luogo pubblico perché tutti potessero contemplare la grandezza dell'imperatore romano.

La teologia

Mettendo insieme vari principi della filosofia prima, Aristotele arriva a formulare una delle dimostrazioni più importanti della sua metafisica, l'esistenza dei motori immobili.

I principi da tenere in considerazione sono: Il sinolo, l'atto/potenza, le cause dinamiche.

Ipotesi: esiste il movimento

Se esiste il movimento, ovvero il passaggio dalla potenza all'atto, ogni ente deve essere dotato di materia, condizione della sua trasformazione e questo movimento deve essere mosso da qualcosa d'altro: ogni movimento, quindi, è mosso da un motore (per il principio della causa efficiente).

Un motore è però a sua volta un movimento, e per gli stessi motivi di cui sopra, deve essere mosso da un altro movimento.

Se ogni movimento ha bisogno di un movimento per essere motore di un altro movimento, si regredisce all'infinito. Ma se regredisco all'infinito il movimento iniziale non c'è e mancando il movimento del motore iniziale non esiste nessun movimento. 

Quindi, 

deduzione uno: se esiste il movimento, deve essere un motore primo.

deduzione due: il motore primo, per essere tale, non deve a sua volta muoversi, altrimenti necessiterebbe di un altro motore e non sarebbe primo. Ergo: il motore iniziale deve essere immobile.

Deduzione finale: Se esiste il movimento deve essere per il primo motore immobile.

Ma come può un motore essere immobile? Per il principio dell'atto/potenza non deve avere in sé, in potenza, nessuna trasformazione. Quindi deve essere SOLO atto. Questo è possibile, per il Sinolo, solo se questo motore è solo forma senza materia. Per il principio delle quattro cause, allora, il primo motore immobile NON è causa efficiente ma è solo CAUSA FINALE.

Il motore immobile, risolve Aristotele, è quel motore forma pure che attira verso di sé il movimento di tutto ciò che è composto di materia e che deve necessariamente esistere per dare movimento a tutto ciò che è composto di materia e che, esistendo, dà movimento incessante a tutto (cioè tutto ciò che è composto di materia non solo si muove, ma non può non muoversi).

Possiamo immagine il motore immobile una sorta di intelletto cosmico che dà ordine al tutto e che permette ad ogni ente di tendere a realizzarsi nella sua forma (entelechia). 

Possiamo collegarlo al Nous di Anassagora ma anche nella versione cristiana di Dio, intelletto che dà ragione all'esistenza e alla trasformazione del tutto (non a caso questa argomentazione di Aristotele sarà poi ripresa da quasi tutti i filosofi scolastici medievali per dimostrare l'esistenza di Dio). Il motore immobile di Aristotele non ha però niente a che vedere come l'immagine moderna di Dio, tantomeno con la sua unicità perché di Motori immobili Aristotele ne identifica fino a 55 diversi, tante quanto sono le volte celesti.

Aristotele stesso però chiama la branca della filosofia prima che si occupa del motore immobile: teologia che alla lettera significa "studio di Dio". Questo perché teos, in greco, identifica come divino tutto ciò che è immortale e il motore immobile, essendo privo di materia, è incorruttibile e quindi per sua natura immortale.

3. Fisica

La seconda delle scienze teoretiche è la fisica che ha sempre come oggetto l'essere ma a differenza delle scienze teoretiche si occupa dell'essere in una particolare condizione: in movimento.

I movimenti sono 4:

  • Sostanziale: movimento che cambia la sostanza (nascere e morire)
  • Qualitativo: movimento che riguarda il cambiamento di qualità (e riguarda la forma dell'ente)
  • Quantitativo: movimento che riguarda la diminuzione o accrescimento di qualità (e riguarda la materia dell'ente)
  • Locale: movimento che produce uno spostamento.

Il più importante è quello locale, perché: sempre presente e, spesso, causa degli altri tre (come vedremo).

Il mondo per Aristotele è composto da due sfere concentriche: 

  • Il mondo sublunare (o terrestre)
  • Il mondo lunare (dalla luna in su)

Il primo è composto da 4 elementi (dal più leggere al più pesante: fuoco, aria, acqua, terra, gli stesse di Empedocle) e due movimenti locali: dal basso verso l'alto e dall'altro verso il basso.

Il secondo è composto da un solo elemento (l'etere) e da un solo movimento locale: quello circolare.

Il mondo lunare, quindi, è un mondo i cui enti sono eterni e incorruttibili e che ruotano incessantemente di moto circolare mossi a loro volta dal motore immobile (si comincia a intuire quel modello astronomico/teologico a cui attingerà a piene mani Dante per la descrizione del paradiso).

Il mondo sublunare invece, essendo composto da quattro elementi e due movimenti contrapposti e il mondo dove gli enti sono soggetti alla corruzione e trasformazione continua (a ogni movimento infatti ne corrisponde uno opposto). La legge che regola la direzione del movimento locale si chiama legge dei luoghi naturali che afferma che ogni elemento tende al suo luogo naturale e quindi se un elemento è più pesante di un altro tende ad andare verso il basso e viceversa. Poiché il vuoto non esiste se un corpo va verso il basso provoca un movimento contrario di qualche che deve andare verso l'alto. Due movimenti opposti creano disgregazione degli enti e quindi dal movimento locale derivano quello quantitativo, qualitativo e sostanziale.

Quindi gli enti per Aristotele sono di tre tipo:

  • Materiali e corruttibili: gli enti del mondo sublunare
  • Materiali e incorruttibili (cioè eterni): gli enti del mondo lunare
  • Immateriali: i motori immobili


3.1. La psicologia

La psicologia non è una scienza a sé ma una branca della fisica. Alla lettera significa studio dell'anima e per definizione chiameremo l'anima:

forma di un corpo che ha la vita in potenza

Detto in termini più semplici: ciò che dà la vita a un corpo; oppure: tutti gli essere viventi hanno un'anima.

Vi sono tre diverse anime, secondo Aristotele, a seconda delle funzioni a cui essa è destinata:

  • Anima vegetativa, atta alle funzioni vitali del corpo (nutrizione, respirazione etc)
  • Anima sensitiva, sede delle funzioni della sensibilità, volontà, locomozione
  • Anima intellettiva, sede delle funzioni conoscitive

La prima è posseduta da tutti gli essere viventi, nessuno escluso, quindi anche i vegetali.

La seconda è posseduta da tutti gli esseri viventi che si muovono, quindi solo animali e uomini

La terza solo dagli uomini.

Da notare che la volontà fa parte dell'anima sensitiva e non intellettiva. Difficile quindi sostenere, con questo modello aristotelico, l'intellettualismo etico di Socrate: chi sa cosa è il bene non è detto che voglia farlo (sono funzioni diverse dell'anima).

Gnoseologia

Per quanto riguarda la teoria della conoscenza, l'anima sensitiva ha il compito di interagire con il mondo esterne tramite la sensibilità. La sensibilità cogli degli enti reali solo la forma. Il movimento/scontro tra mondo esterno e sensibilità avviene grazie alla materia di cui sono composti entrambi, ma alla sensibilità resta solo la forma dell'ente particolare.

Questo spiega che anche gli animali hanno una forma di conoscenza, anche se solo particolare, e quindi possono indirizzare la loro volontà in conseguenza di queste esperienze.

Il passaggio da una conoscenza del particolare a quella dell'universale è una facoltà invece solo dell'anima intellettiva, quella anima che può trasformare le forme dei singoli in concetti (universali, appunto). Per l'anima intellettiva possa pensare concetti, però, visto che di essi non ha esperienza (non si vedono le idee universali!), è necessario che essi siano tutti pensabili in potenza. Quindi, sempre per il principio di potenza/atto è necessario che ci sia qualcosa che faccia passare l'universale da potenza ad atto. Per questo motivo Aristotele divide l'intelletto in due parti:

  • intelletto passivo (o potenziale), che possiamo immagine come una lavagna vuota sulla quale non è scritto niente ma sulla quale posso anche scrivere tutto
  • intelletto attivo (o agente), che scrive su questa lavagna.

Quale sia la natura dell'intelletto agente è ancora oggetto di studio e diatriba tra studiosi. Se seguiamo le orme dell'ultimo Platone possiamo pensare all'intelletto agente a una sorta di anima universale capace di pensare tutte le idee in atto (quindi al Demiurgo).