Locke
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Libro: | Locke |
Stampato da: | Utente ospite |
Data: | martedì, 3 dicembre 2024, 17:54 |
1. La ragione limitata
Quando si parla di empirismo, quasi universalmente la figura del padre di questa corrente viene identificata con Locke.
Locke non è il primo empirista della storia (l'idea che la conoscenza parta - e finisca - con l'esperienza è vecchia quanto la filosofia) ma è sicuramente uno tra coloro che l'ha espressa meglio e, soprattutto, si è interrogato sul perché l'unica conoscenza possibile è quella data dai sensi.
Nell'introduzione al suo testo più conosciuto, Trattato sull'intelletto umano, Locke racconta di una notte passata con degli amici a parlare di Dio. Dopo una notte di chiacchiere, la mattina seguente, si rende conto di non essere arrivato a nulla, di non aver avanzato nemmeno di un poco la conoscenza su quell'argomento, arrivando all'amara conclusione che vi sono delle conoscenze che vanno al di là delle capacità della ragione e che quindi essa è limitata.
Imparare a conoscere i limiti della ragione significa evitare molti errori e soprattutto imparare come, entro questi limiti, la ragione funziona.
Indubbiamente l'avversario di Locke, principalmente, è Cartesio, al quale comunque deve molto. Per Cartesio la ragione era unica ed illimitata (la res cogitans) e il problema dell'errore era solo un problema di metodo. Per Locke la ragione, come detto, è limitata e l'errore era dato dall'uscire da questi limiti.
Quale è il limite della ragione. Per Locke la risposta è semplice: l'esperienza, da cui la celebre massima:
nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu.
Quindi anche Locke indaga i contenuti della ragione, le idee, e per prima cosa esclude l'esistenza delle idee innate. Partendo infatti dall'affermazione di Cartesio che le idee sono ciò che si trova cosciente nella mente, se le idee innate esistessero sarebbero coscienti in tutti gli uomini. Poiché questo non è vero, queste idee decadono per loro stessa definizione.
Non resta che analizzare le uniche idee possibili pensabili dalla mente: le avventizie e le fattizie (che Locke chiama idee semplici e complesse) e mostrare come essere sono acquisite, elaborate e come esse possono produrre conoscenza.
Questo è il compito che Locke si dà nel Trattato.
2. Idee semplici e complesse
La conoscenza inizia con l'esperienza con l'acquisizione dei dati primari che la mente NON è in grado di produrre da sola ma che vengono catturati dai sensi:
le idee semplici.
Le idee semplici non si possono creare né distruggere. Non c'è mente tanto potente da che possa crearle da sé né cancellarle quando esse sia fornite dai sensi.
Le idee semplici sono l'effetto dell'attività del mondo sui sensi ed è una attività che per i sensi è passiva, non scelta. Sono l'unico dato possibile su cui la mente può fare attività.
Le idee semplici sono di due tipi:
- Di sensazione o del senso esterno: derivanti dal mondo esterno tramite l'acquisizione dei dati attraverso i 5 sensi
- Di riflessione, o del senso interno: derivanti dai moti dello spirito come l'attività del pensare, del volere etc
Le idee complesse sono più idee (semplici o altrettanto complesse) legate tra loro da attività della mente. Essere possono essere idee di:
- modi: qualità o affezione della sostanza, quelle idee non considerate come sussistenti di per sé (pensare alla definizione di modo di Spinoza)
- sostanza: sostrati della qualità, idee considerate come esistenti di per sé.
- relazioni: rapporti (come causa-effetto, identità, diversità)
Dalle idee di relazione nascono le cosiddette idee generali che, secondo Locke, non indicano alcuna realtà ma sono soltanto nomi, cioè segni di gruppi di cose particolari legate tra loro da rapporto di somiglianza.
3. Le forme della conoscenza
L'esperienza fornisce il materiale per la conoscenza ma è conoscenza. Quest'ultima nasce dalla percezione di un accordo o disaccordo delle idee tra loro (cioè nasce con i giudizi).
La conoscenza per Locke può essere di due specie diverse:
- Intuitiva, quando l'accordo o disaccordo tra due idee è percepito immediatamente. Questa forma di conoscenza è la più evidente ed è il fondamento di ogni altra conoscenza
- Dimostrativa, quando l'accordo non è evidente ma necessita di passaggi intermedi, chiamati prove. Questa forma di conoscenza spesso porta a lunghe catene di ragionamenti e per questo è più facilmente soggetta all'errore.
Accanto a queste due forme di conoscenza ce n'è una terza: la conoscenza delle cose esistenti al di fuori delle idee. Questa conoscenza non è banale giacché Locke ha detto che ciò che la mente può pensare solo solo idee e le cose esterne non sono idee. Ma Locke dice anche che una conoscenza è vera solo se c'è conformità tra idee e cose reali. Come è possibile verificare questa conformità?
Ci sono tre ordini di realtà: l'io, Dio, e le cose e ci sono tre modi per giungere alla certezza di queste tre realtà:
- Abbiamo conoscenza dell'io, tramite intuizione
- Di Dio, tramite dimostrazione
- Del mondo esterno tramite sensazione
Per quanto riguarda l'Io, Locke si avvale del cogito cartesiano.
Per quanto riguarda Dio è sufficiente la prova causale: dal nulla si produce nulla quindi il tutto deve avere una causa che possa comprenderlo tutto, quindi onnipotente (o totipotente). Questa causa è Dio. Da questa prova prenderà poi le mosse il cosiddetto Deismo illuminista.
Per quanto riguarda l'esistenza delle cose non abbiamo altro che la cosiddetta sensazione attuale. Di essa ammette Locke non possiamo che avere fiducia (non possiamo pensare che i sensi ci ingannino a tal punto da fornirci sensazioni di cose che non esistono).
Da questa sensazione attuale una considerazione: quando l'oggetto cessa di colpire i sensi non abbiamo più la certezza della sua esistenza, ma solo una probabilità. La conoscenza probabile è una conoscenza quindi basata sulla conformità con l'esperienza passata o con la testimonianza altrui o l'anlogia.