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La critica del giudizio

Sito: Meta-Apprendisti
Corso: Apprendisti Filosofi
Libro: La critica del giudizio
Stampato da: Utente ospite
Data: martedì, 3 dicembre 2024, 18:12

1. Giudizi determinanti e riflettenti

Kant analizzando i due usi della ragione teoretico e pratico che essa, la ragione, ha a che fare con due mondi inconciliabili: da una parte il mondo fenomenico che obbedisce a legge universali e necessarie (seppure poste dall'Io Penso) e dall'altra il mondo della libertà garanzia della volontà e della legge morale.

Nella terza critica Kant ha tentato di conciliare i due mondi e di farlo criticando e analizzando la facoltà del giudizio scoprendo che i giudizi non sono solo di tipo conoscitivo, come i giudizi analizzati nella Critica della Ragion Pure Teoretica.

I giudizi posso essere infatti divisi in 

  • Determinanti, ovvero i giudizi conoscitivi che determinano i contenuti della sensibilità tramite le categorie dell'intelletto
  • Riflettenti, i giudizi che riflettono sull'oggetto mettendolo in armonia con il soggetto e cogliendone così una finalità che dipende o dal soggetto (g. estetico) o dall'oggetto (g. teleologico)

Il giudizio riflettente quindi serve:

  • a stabilire un ponte tra il mondo naturale (necessità) e il mondo della libertà (rivelato dalla volontà morale);
  • a dare la risposta alla domanda: qual è il fine della natura? Che senso ha il mondo che mi circonda?

2. Giudizi estetici

Il giudizio riflettente estetico è soggettivo poiché si basa sul sentimento del bello.

Il giudizio estetico permette di ritrovare una finalità negli oggetti belli, fa ritrovare al soggetto riflessa negli oggetti belli l’esigenza di finalismo, nel senso che gli oggetti belli sembrano essere fatti al fine di suscitare emozioni estetiche, di suscitare un senso di armonia in chi li contempla, quindi danno l’impressione di avere una finalità rivolta verso chi fruisce dell’opera d’arte, chi fruisce della bellezza, cioè verso l’osservatore, il soggetto.

Il bello, per Kant, non è una qualità oggettiva (propria) delle cose, non esistono oggetti belli di per sé, ma è l'uomo ad attribuire tale caratteristica agli oggetti. Il giudizio estetico basato sul sentimento del bello è quello con cui noi avvertiamo la bellezza e l'armonia di un'opera o di un paesaggio realizzando un accordo tra l'oggetto sensibile (ciò che percepiamo e su cui "riflettiamo", "rispecchiamo" all'esterno il nostro sentimento del bello) e l'esigenza di libertà (ciò che noi liberamente sentiamo).

La definizione della bellezza si articola, nell'Analitica del Bello della Critica del Giudizio, secondo i seguenti quattro "momenti" logici:

  1. Qualità. "Il Gusto è la facoltà di giudicare un oggetto o un modo rappresentativo mediante un compiacimento, o un dispiacimento, senza alcun interesse. (disinteresse: non è collegato alla reale esistenza dell'oggetto rappresentato.[10])
  2. Quantità. (Universalità) "Bello è ciò che piace universalmente senza concetto"
  3. Relazione. "Bellezza è forma della conformità a scopi di un oggetto, in quanto essa viene percepita senza rappresentazione di uno scopo.
  4. Modalità: (finalità senza fine: l'oggetto bello non deve rispondere né a scopi utilitaristici né ad imperativi altrui; "Bello è ciò che viene riconosciuto senza concetto come oggetto di un compiacimento necessario".Kant utilizza il concetto di senso comune rielaborato in chiave estetica

Più intenso del sentimento del bello è quello del sublime, che va distinto dal bello. Mentre quest'ultimo è qualcosa che ha forma, quindi proporzione e armonia, il sublime invece è informe ed illimitato. Inoltre, mentre la bellezza può essere attribuita agli oggetti naturali, il vero sublime non può essere riferito a tali oggetti, ma è un sentimento dell'animo.Il sublime può essere:

  • sublime matematico
  • sublime dinamico

Inoltre, la sostanziale differenza tra bello e sublime in rapporto alle facoltà conoscitive è che mentre quest'ultimo è il frutto del libero gioco tra immaginazione ed intelletto, il sublime è caratterizzato dall'incommensurabilità dell'immaginazione nei confronti delle idee della ragione, determinandone un rapporto di sudditanza: questa rapporto di sproporzione genera il sentimento di "rispetto".

Il sentimento del sublime matematico è quello per il quale tutti noi di fronte a fenomeni di smisurata grandezza (lo spazio cosmico) o di smisurata potenza naturale (sublime dinamico), proviamo, per i nostri stessi limiti, un senso d'insufficienza, di paura, timore. Ma in un secondo tempo, quando riemerge la nostra razionale volontà, questo sentimento della propria impotenza sensibile rivela per contrasto la coscienza di una potenza illimitata, di una nostra superiorità in quanto razionalità operante che trasforma in positivo il precedente sentimento negativo.

Strettamente collegato ai concetti di bello e sublime troviamo quello di genio. Il genio è colui che riesce, di fronte al sublime della natura, e le sue forme infinite, a darne forme visive finite affinché chiunque possa contemplarle (da qui l'universalità del bello nell'opera d'arte del genio).

Per questo l'arte ha per Kant finalità educative perché esercita lo spettatore alla contemplazione del bello e quindi di se stesso.


3. Giudizio teleologico

Con il giudizio teleologico (dal greco teleos, "fine") scopriamo nei fenomeni della natura una finalità.

Sembra che gli organismi viventi ci facciano intuire che nella natura c’è un finalismo. Gli esseri biologici sono costituiti di parti che sembrano fatte “al fine” del tutto, ma c’è anche un finalismo superiore: sembra che tutta la natura abbia il fine di rendere possibile la vita dell’uomo.
Pur tuttavia tale finalità non è presente nella natura stessa ma ha la propria sede e giustificazione epistemologica nello stesso "giudizio riflettente", come condizione soggettiva.
Esso consente, in accordo libero con le regole dell'intelletto, di "presagire", "prefigurare" la totalità dell'esperienza, totalità che dobbiamo premettere appunto nel caso, ad esempio, della conoscenza degli organismi. Pur tuttavia "tale totalità è soltanto regolativa e non si può trasformare in una concezione costitutiva".

Dalla teleologia, che il giudizio riflettente rende visibile nel mondo della natura non è lecito desumere una teologia che dimostri l'esistenza di Dio la quale, però, non è esclusa.