Lo spiritualismo e Bergson
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Libro: | Lo spiritualismo e Bergson |
Stampato da: | Utente ospite |
Data: | giovedì, 21 novembre 2024, 13:07 |
1. Lo spiritualismo
Due possono essere considerate le manifestazioni filosofiche del romanticismo:
- L'idealismo, per cui la realtà è spirito e ragione
- Positivismo, per cui la realtà è materia e forza
Ma in entrambe le manifestazioni, così apparentemente diverse, c'è un'idea comune: che la realtà è unica e infinita e che si evolve e progredisce necessariamente.
Il positivismo, abbiamo visto, prevede una forte correlazione tra scienza (unica conoscenza possibile) e filosofia (che raccogli i risultati generali e i principi della scienza).
La scienza però si trova nell'impossibilità di giudicare i valori umani e questo porta alla nascita di varie correnti filosofiche che possono essere viste come una reazione anti-positivistica secondo le quali la scienza non è l'unica conoscenza possibile, ovvero la filosofia ha a che fare con altre realtà la cui conoscenza non si riduce alla sola scienza.
Quale il compito della filosofia, dunque? E quali sono le realtà di cui essa si occupa e quali, inoltre, le vie per accedere ad esse?
Una reazione anti-positivistica di questo tipo è detta spiritualismo.
Per lo Spiritualismo il filosofare è il ripiegamento interiore dell'uomo nel suo rapporto con se stesso la cui guida è la coscienza e le sue esigenze.
Molto in generale possiamo definire genericamente spiritualismo ogni dottrina che, contrapponendosi al materialismo, e talora anche al razionalismo, afferma l'esistenza nell'essere umano di un principio spirituale, diretta testimonianza della coscienza, dal quale è possibile desumere valori e interessi immateriali riscontrabili nei rapporti religiosi, morali, affettivi ecc.
Atteggiamento questo che ha le sue radici nei pensieri di Plotino, Agostino (e il soliloquio) e Cartesio.
2. Bergson - Saggio sui dati immediati della coscienza (1889)
Henri Bergson (1859-1941) è uno dei maggiori esponenti dello spiritualismo.
Una sua opera è "Saggio sui dati immediati della coscienza (1889)" nella quale studia le differenze tra tempo della scienza e tempo della vita:
- tempo della scienza, i cui istanti sono diversi sono quantitativamente (e quindi sono reversibili e ripetibili, pienamente distinguibili). È un tempo astratto, esteriore, spazializzato
- tempo della vita, i cui istanti sono diversi qualitativamente e irripetibili ("la ricerca del tempo perduto" è destinata al fallimento), sono istanti che si compenetrano tra loro. È un tempo concreto, interiore e si identifica con quella che Bergson chiama durata.
Nel tempo della vita ogni momento contiene tutti i precedenti e per questo è diverso da essi e allo stesso tempo irripetibile.
Il tempo della vita è fatto da istanti che si diversificano tra loro anche qualitativamente, momenti irripetibili che si compenetrano e si sommano tra loro. È qualcosa di concreto e interiore e si identifica con la durata.
Il tempo della vita è paragonato da Bergson a un gomitolo di lana o ad una valanga che crescono continuamente su se stessi: tant’è vero che nel linguaggio comune si dice ad esempio che cinque minuti possono sembrare, talora, «una eternità» o che un’ora è «volata». Immagini che rendono bene il concetto di conservazione totale e creazione totale, che caratterizzano il tempo della coscienza: non si può cancellare il passato e ogni momento risulta nuovo rispetto ai precedenti.
3. Bergson - Materia e Memoria (1896)
In Materia e Memoria Bergson studia i rapporti tra Spirito e Corpo, distinguendo:
- Memoria, la coscienza stessa, che registra tutto anche inconsapevolmente (più oblio che ricordo)
- Ricordo, materializzazione di un evento passato, necessario all'azione
- Percezione, filtro selettivo dei dati (materia), ingloba soggettivo e oggettivo
Già Hume si era dedicato a questo problema concependo la memoria come il persistere attenuato della percezione iniziale, un po' come una molla che continua a vibrare sulla spinta del primo impulso. Bergson però, nota come secondo la scienza medico-psicologica questo rapporto tra percezione e memoria non viene riscontrato. Quindi ci deve essere un diverso rapporto tra percezione e memoria. Egli ritiene che la percezione sia un ritagliare un'immagine parziale della realtà percepita che dura per l'istante della percezione e che poi viene superata da altre percezioni, ritagli, della realtà. La memoria è invece l'accumularsi, lo stratificarsi dei ricordi, duraturo e sempre tutt'intero presente, indipendentemente dalla coscienza che si ha, e la cui dimensione temporale non è l'istante, come per le percezioni, ma la durata reale.
Il tutto è rappresentabile come un cono rovesciato:
- l'intersezione della punta con il piano rappresenta il presente;
- la punta del cono è l'istante della percezione del reale;
- la base del cono è il passato dov'è la memoria.
Come base (memoria) e punta (percezione) del cono costituiscono un tutt'uno, così il rapporto tra la percezione del reale (materia-punta del cono) e la memoria (spirito-base del cono): la presunta differenziazione di spirito e materia diviene ora un tutt'uno.
4. Bergson - Evoluzione Creatrice (1907)
Non solo la coscienza ma l'universo stesso è durata reale.
La vita è creazione e conservazione integrale dell'intero passato (anche della natura). L'uomo sceglie tra ciò che può essere, la natura è tutte le possibilità (totipotente), quindi slancio vitale (elan vitale) non programmato ma realizzantesi.
Questa continua differenziazione nello sviluppo della vita in varie direttrici evolutive, per esempio lungo la linea organico-inorganico, spiega l'evoluzione delle forme viventi. Quando siamo bambini, spiega Bergson, il nostro futuro sviluppo è caratterizzato da un numero imprecisato di tendenze: pensiamo di volta in volta, mentre cresciamo, che faremo il pompiere, il giornalista, l'esploratore, ecc., ma poi alla fine una sola di queste strade diverrà reale. Nella natura avviene altrettanto: all'inizio si dipanano molte vie evolutive, alcune di queste si bloccano, e altre invece proseguono, e la forza, la spinta creatrice che era nella linea di sviluppo che si è fermata, prosegue, confluisce e dà forza alle linee che continuano ad evolversi con uno "slancio vitale". È come dire che dalle scimmie antropomorfe lo scimpanzé rappresenta una linea evolutiva che all'inizio ha continuato la sua evoluzione, che poi si è fermata, mentre proseguiva in un'altra direzione lo slancio vitale che ha portato all'homo sapiens.
Mentre le forme vegetali si sono bloccate, i microrganismi si sono fermati nella loro evoluzione, l'uomo è l'unico che continua nel suo slancio creatore non tanto a livello biologico ma nella sua attività culturale continua a modificare la realtà seguendo quello slancio creatore che era all'origine della sua evoluzione e assomandone in sé la forza iniziale.
L'uomo, non creatore dal nulla, ma subcreatore poiché egli non dà esistenza a realtà che prima non erano ma crea delle forme dove esprime in modo originale realtà prima inesistenti, trasfigurandole con la sua invenzione, con l'arte, con la scienza, con la stessa filosofia che può "creare" un nuovo senso della vita dell'uomo portandogli la felicità.
Tutta la civiltà umana è il risultato dello slancio creatore dell'uomo.