L'Italia tra Tre e Quattrocento
4. Il mecenatismo e la nuova cultura borghese
In tutte le Signorie italiane si ha la tendenza, da parte dei grandi signori, di favorire lo sviluppo delle arti e delle lettere, accordando protezione economica a chi le coltiva: questa pratica prende il nome di mecenatismo.
Scopo della pratica è triplice, ovvero accordare gloria:
- a se stessi
- alla città
- a Dio
Gloria a se stessi perché le arti che venivano sviluppate portavano sempre il nome del loro committente e avrebbero garantito gloria imperitura anche a loro, oltre a chi le eseguiva. Diffondevano queste opere l'idea che chi si era arricchito e si era trovato alla guida di un principato era anche degno di farlo perché opera di grande sensibilità artistica e generosità.
Gloria alla città perché in esse, con la rinascita dei borghi e della classe sociale borghese, si impone la diffusione di una nuova cultura liberale che mostri che l'uomo, quando lasciato "libero" (e non in catene come voleva il modello degli ordini di Adalberone) è capace di grandi slanci, di creare ricchezza ma anche bellezza a vantaggio di tutti. Non serve nascere nobili per fare il bene della città e della comunità è sufficiente essere liberi.
Gloria a Dio perché destinatarie di queste opere erano quasi sempre chiese e istituti religiosi e altrettanto spesso i contenuti delle opere erano a caratteri religioso (in modo da educare il popolo analfabeta,si diceva). In questo modo il mercante che si era arricchito anche "rubando" qualcosa a Dio (cioè il "tempo"), restituiva a Dio qualcosa del suo furto, riabilitandosi.