Umanesimo e Rinascimento
1. Umanesimo
L'esperienza comunale italiana ha portato alla ribalta una nuova classe sociale che in virtù delle sue capacità economiche ha preso il sopravvento sulle vecchie gerarchie medievali e pretende adesso anche di governare: la borghesia.
Nel vecchio sistema degli ordini la borghesia non ha un ruolo se non negativo: laboratores che non vogliono lavorare e che quindi mettono in disordine l'equilibrio voluto da Dio.
Ma il modello economico, lungo il Trecento, cambia e nel nuovo il ruolo della borghesia mercantile e industriale è inevitabile ed ecco che allora si fa necessario un cambio culturale che dia al borghese un suo ruolo.
Ma chi è il borghese? Un uomo che è uscito dal suo stato di lavoratore e si è fatto da sé (self made man) in virtù non della sua nascita (in quanto non è un principi) ma della sua abilità e intelligenza. Ecco che dunque serve una cultura che dia all'uomo un ruolo in base a questa sua capacità, serve una cultura che valorizzi l'uomo per la sua intelligenza e di conseguenza per la sua libertà nell'usarla.
L'umanesimo dice proprio questo: l'uomo non è schiavo per volere di Dio (come nel sistema di Adalberone) ma libero per volere di Dio, e nella sua libertà può scegliere cosa essere e come essere.
Il termine umanesimo significa proprio recuperare questa centralità dell'uomo nel suo rapporto con Dio (che non viene eliminato): l'uomo è al centro del suo mondo perché Dio ha voluto qualcuno che, dotato di ragione, possa comprenderne la sua Opera. La ragione umana torna dunque grande.
Esattamente come nella filosofia e nella cultura degli antichi (il termine umanesimo prende il nome proprio dalle Humanae Litterae che si torna a studiare nella loro originalità - in quanto precedentemente i pochi testi classici rimasti erano arrivati grazie alla copiatura avvenuta nei monasteri da parte dei monaci cosiddetti "copisti", ma spesso questi testi erano interpretati alla luce del cristianesimo, e non originali).