Il dopoguerra italiano e l'ascesa del Fascismo
3. Il biennio nero (1921-22)
La scissione di Livorno era un chiaro segno dell’indebolimento delle forze socialiste e del riflusso dell’ondata rivoluzionaria del biennio rosso. Iniziava la reazione, il biennio nero.
Benito Mussolini aveva fondato il 23 Marzo 1919 a Milano, in piazza Sansepolcro, i Fasci di combattimento, un movimento politico composto da arditi, trinceristi, dannunziani e futuristi, il cui programma era marcatamente anti clericale e connotato da forti rivendicazioni sociali.
Durante il biennio rosso il movimento aveva iniziato a darsi una organizzazione paramilitare, con la costituzione di una milizia armata e aveva messo al centro del suo programma l’esigenza di garantire l’ordine nel paese. Alle elezioni del 1919 tuttavia non aveva ottenuto seggi.
Nel 1921 Mussolini cambiò politica e si riavvicinò alla Chiesa, alla monarchia e all’esercito, stringendo un patto con i possidenti agrari e gli industriali del nord, connotandola con un marcato anticomunismo e trovando anche nel governo Giolitti una certa accondiscendenza opportunista.
Il vecchio statista credeva infatti di poter controllare Mussolini e sfruttare le sue milizie per contrastare i movimenti rivendicativi delle forze socialiste e sindacali.
Alle elezioni del maggio 1921 Mussolini si presentò con il blocco nazionale dei liberali, riuscendo stavolta a far eleggere 35 deputati. Nei mesi successivi fondò il Partito Nazionale Fascista, mentre proseguirono per tutto il biennio le spedizioni punitive delle squadre fasciste, indirizzate contro le sedi dei partiti, dei sindacati e dei giornali socialisti e comunisti.
La situazione politica era tuttavia molto instabile e i partiti al governo (liberali e popolari) con i governi Bonomi e Facta non riuscirono a normalizzare la vita del paese.
Nell’autunno del 1922 Mussolini tentò il colpo di mano, organizzando per il 28 e il 29 ottobre una manifestazione delle sue milizie a Roma. Quella che è passata alla storia come la Marcia su Roma non venne contrastata dall’esercito per espressa volontà del re, nonostante la richiesta di proclamazione dello stato d’assedio del presidente Facta, che per questo rassegnò le dimissioni.
Lo stesso sovrano chiamò il giorno dopo a Roma Benito Mussolini, per offrirgli l’incarico di formare il nuovo governo, che fu un governo di coalizione, con l’appoggio di liberali e popolari.