Platonismo e Aristotelismo
4. Pietro Pomponazzi
1462-1525
Docente all'Università di Padova, come molti suoi colleghi, sarà un difensore dell'aristotelismo.
Pomponazzi distingue nettamente la filosofia (ragione) dalla religione (fede). La prima per i dotti, la seconda per il volgo.
Per ogni "questione" si viene quindi a distinguere una "doppia verità":
- Per la filosofia l'universo obbedisce a un ordine necessario, per la fede è dato da un intervento divino
- Per la filosofia l'anima è mortale, per la fede è immortale.
Sulle ragioni aristoteliche dell'immortalità dell'anima c'è da aggiungere che Aristotele non ha mai sostenuto se l'anima sia o meno immortale. Ricordiamo qua la teoria aristotelica sulle funzioni dell'anima intellettiva che viene distinta in:
- Intelletto potenziale: capacità di intendere
- Intelletto agente: luce intellettuale che contiene tutti gli intellegibili e che quindi illumina nell'intelletto potenziale i pensieri che sono in potenza
Dai commentatori aristotelici sono pervenute due distinte scuole:
- Quella di Alessandro di Afrodisia: secondo il quale l'intelletto agente è individuale e quindi muore con il corpo
- Quella di Averroè: secondo il quale l'intelletto agente è unico, cosmico, e quindi l'anima è immortale
Pomponazzi fa notare che il non credere nell'immortalità dell'Anima non trasforma necessariamente il filosofo in un peccatore immorale giacché, anzi, chi non crede in un premio oltremondano per la propria virtù, esalta la morale come autonoma e come premio in se stessa per una vita mortale buona.