Le scienze pratiche

3. Politica

La politica è ancora una scienza pratica che si occupa del bene dell'uomo in relazione agli altri uomini, cioè in società e quindi si preoccupa di determinare quei principi o regole che possano permettere all'uomo di vivere in società abbastanza bene da poter esercitare le proprie virtù.

Anche la politica quindi ha come fine la felicità, ma creando le condizioni per realizzarla perché essa poi dipende dal singolo individuo e non dalla società. In questo c'è una netta distanza tra il pensiero del maestro Platone, per il quale invece la realizzazione dello Stato giusto assicurava di conseguenza la felicità dei suoi cittadini.

Altra forte critica che Aristotele fa a Platone e l'utopistica credenza che un uomo possa essere fare il bene non per se stesso ma per lo Stato (come i Custodi). Per Aristotele il bene, un individuo, lo fa solo o comunque si impegna a farlo solo se per se stesso e una buona politica, quindi, avrà il compito di determinare quali regole possano fare in modo che il fare il bene per se stessi possa avere come conseguenza fare il bene anche per gli altri (come trasformare quindi i vizi privati in pubbliche virtù, per usare parole che non sono di Aristotele). 

Ogni individuo o nucleo della società si trova infatti, nella società, in un duplice e contrastante rapporto con gli altri membri della società: da una parte ne ha bisogno, dall'altra ne è in concorrenza. Come trasformare questo equilibrio instabile in qualcosa di stabile? Che è come dire: quale forma di Stato dare alla società per rispettarne i naturali rapporti di cui si compone? Per rispondere dobbiamo prima analizzare la società.

L'oikos

Il nucleo della società è la famiglia (Oikos) che per Aristotele ha tre significati convergenti:

  • Famiglia come aggregazione naturale di individui legami tra loro da rapporto di sangue
  • Casa come luogo fisico che condividono le persone sotto uno stesso tetto e quindi condividono gli stessi interessi (il convivere negli stessi spazi) o dovere (contribuire alla sopravvivenza di tutti)
  • Centro produttivo come ciò di cui la casa e i suoi occupanti si occupano per creare i mezzi di sussistenza tramite il lavoro. 

In sintesi, l'oikos è un gruppo di persone che, anche per ragioni di sanguem condividono uno spazio comune e che hanno ruoli diversi per lavorare e produrre mezzi di sopravvivenza. Fanno parte dell'oikos anche i servi, o schiavi, talvolta chiamati appunto anche famigli.

Nella famiglia sussistono almeno tre rapporti naturali:

  • Uomo/donna
  • Padre/figlio
  • Padrone/servo

I rapporti dipendono dalla natura dei componente, ovvero dalla loro anima: nel primo rapporto entrambi i componenti sono dotati di anima razionale, ma solo l'uomo è capace di esercitare le virtù etiche (che è come dire che la donna non è in grado di tenere a freno le sue passioni). Per questo l'uomo ha un ruolo pubblico (cioè di rappresentanza della famiglia nella società) mentre la donna ha un ruolo solo privato (cioè si preoccupa solo della famiglia interna, del focolare).

Economia

Ogni oikos ha bisogno degli altri ma allo stesso tempo ne è in concorrenza. Ogni oikos ha bisogno degli altri perché produce merci che deve scambiare con gli altri (principio della divisione del lavoro che rende la vita in società preferibile a quella solitaria) ma al minor prezzo possibile.

Le leggi che regolano i rapporti tra gli oikos della società sono le leggi dell'economia. Economia, in greco, significa appunto "oikos nomos" (le norme che regolano l'oikos).

Ogni oikos per natura produce merci (necessarie alla sua sopravvivenza) che hanno quindi un valore d'uso (cioè valgono per quello che mi servono) ma poiché l'oikos non produce tutto quello di cui ha bisogno e non ha bisogno solo di ciò che produce, ogni prodotto ha anche un valore di scambio. Lo scambio dice Aristotele è una cosa naturale, è ciò che rende appunto preferibile il vivere in società: mantiene la divisione del lavoro e sposta le merci da dove non servono a dove servono. Lo scambio nella sua forma naturale avviene con il baratto, dove il valore di scambio delle merci viene decisa direttamente dai produttori ma poiché a volte è necessario utilizzare un intermediario si fa uso del denaro. Il denaro in economia NON è necessario ma è utile. Il problema dell'uso del denaro, avverte però Aristotele, può (non necessariamente) portare a una perversione dell'economia (detta crematistica) secondo la quale il denaro potrebbe essere non più il mezzo ma il fine dell'economia.

Stato

Quello della società economia è un equilibrio naturale a cui tutti gli uomini tendono perché permette di sopravvivere nel modo più semplice possibile ma, fa già notare Aristotele, è un equilibrio molto instabile (è sufficiente che qualcuno attenti alla proprietà di qualcun altro per creare il caos). Poiché interesse di tutti è rendere questo equilibrio stabile, nasce l'esigenza di dare alla società una struttura formale attraverso le leggi, creando appunto lo Stato.

Lo Stato nasce quindi come conservazione dell'equilibrio naturale della società economica, non per migliorarla. Interesse a che questo equilibrio si conservi è solo degli uomini liberi (dotati di una proprietà) e non degli schiavi (che invece potrebbero dalla politica cercare di ottenere ciò che non hanno), per questo, dice Aristotele, qualunque sia la forma di governo che una società si dia, questa per essere buona deve garantire che a fare le leggi vadano solo coloro che hanno, nella società, qualcosa da difendere. La politica non serve a sopravvivere e tantomeno ad arricchirsi (per quello c'è l'economia), la politica serve a conservare ciò che si ha già. Se un uomo non ha nulla significa che il suo destino, il suo stesso interesse, è quello di lavorare per chi ha qualcosa (equilibro naturale dell'oikos).

Le forme di governo buone dunque possono essere tre, a seconda di quanti uomini liberi razionali buono ci sono nella società. Se c'è un uomo particolarmente dotato nell'occuparsi della cosa pubblica, sarà interesse di tutti che sia solo lui a governare e allora la forma scelta sarà la Monarchia. Se gli uomini sono più d'uno, verrà scelta l'Aristocrazia, altrimenti la forma sarà quella per cui tutti gli uomini dotati di una proprietà possano governare e la forma sarà quella della Politìa. In tutti e tre i casi l'interesse dei governanti è la difesa della proprietà anche di coloro che governano.

Le degenerazioni possibili sono quelle per cui i governanti non pensano più a difendere l'equilibrio naturale ma ai propri interessi particolari (cioè a ottenere dalla politica vantaggi economici, gravissimo errore). Allora la monarchia diventa una tirannide, la aristocrazia una oligarchia e la politìa il governo peggiore di tutti, la democrazia. La democrazia è il governo peggiore perché porta al governo anche le persone che non hanno niente (i servi e i lavoratori in genere) e chi non ha niente desidera tutto e quello che naturalmente non sono riusciti a ottenere cercherebbero di ottenerlo artificialmente sovvertendo ogni più elementare regola dell'economia naturale.

Ricordiamoci che il greco, demos, non significa popolo nell'accezione moderna del termine, ma significa "plebe", ovvero quella parte della popolazione che non ha nulla.

La ricerca della felicità

La realizzazione di uno stato giusto rende felici?

La risposta deve essere no! Anche se la politica ha come fine la felicità, la felicità, il bene in sé, è un interesse del singolo, non della collettività. Lo Stato deve garantire la possibilità della felicità, mettere in condizioni gli uomini di esserlo, non obbligarli.

In un certo senso la Repubblica platonica si dava come obiettivo "obbligare" gli uomini a essere felici (cioè realizzare la loro natura) perché dalla loro felicità dipendeva quella di tutti gli altri (doppio equilibrio). Con Aristotele lo Stato ha il compito di garantire l'economia naturale e quindi una pacifica convivenza tra gli uomini tale da non destare loro preoccupazioni. Un uomo che non ha preoccupazioni sarà libero di seguire le proprie naturali aspirazioni, come ad esempi soddisfare le proprie curiosità intellettuali (in generale gli uomini sono razionali) e quindi essere viruosi e di conseguenza felici.

La politica è quindi funzionale all'etica e quindi alla realizzazione della felicità.