Hobbes

1. Antropologia

Hobbes vive in un momento caotico della storia inglese, l'epoca della Guerra Civile, ad esempio, che lo porta ad alcune estreme conclusioni sulla natura umana e sulla politica migliore che possa governarlo (che sarà, come vedremo, il potere assoluto). Gli uomini sono infatti caotici per natura e tendenti al disordine (come la decapitazione di Carlo I ha dimostrato) e quindi solo un certo tipo di politica può rimetterli in ordine, per il loro stesso bene.

In un certo senso Hobbes può essere considerato uno dei padri fondatori della politica, intesa come scienza autonoma: necessaria per la regolamentazione dei conflitti tra gli uomini.

La domanda fondamentale della politica sarà: è possibile fondare una società ordinata se gli uomini sono per natura disordinati? La risposta, di Hobbes, sarà sì, non solo è possibile ma è necessario, inevitabile.

Per dare questa risposta l'analisi di Hobbes non può che partire dallo studio dell'antropologia, cioè lo studio di cosa sia l'uomo.

L'uomo per natura ha paura della morte e il suo unico affanno è quello di allontanare l'oggetto di questa paura. Per allontanarla deve appropriarsi, indefinitamente, di tutto ciò che gli permette di allontanarla escludendo quindi eventuali concorrenti. La naturale paura della morte porta dunque a una guerra di tutti contro tutti (homo homini lupus). Quindi la paura della morte porta, paradossalmente, alla morte.

La società nascerà quindi come il modo più razionale per mettere fine alla guerra di tutti contro tutti, modo più razionale per allontanare quella morte di cui si ha il terrore.