La critica del giudizio

3. Giudizio teleologico

Con il giudizio teleologico (dal greco teleos, "fine") scopriamo nei fenomeni della natura una finalità.

Sembra che gli organismi viventi ci facciano intuire che nella natura c’è un finalismo. Gli esseri biologici sono costituiti di parti che sembrano fatte “al fine” del tutto, ma c’è anche un finalismo superiore: sembra che tutta la natura abbia il fine di rendere possibile la vita dell’uomo.
Pur tuttavia tale finalità non è presente nella natura stessa ma ha la propria sede e giustificazione epistemologica nello stesso "giudizio riflettente", come condizione soggettiva.
Esso consente, in accordo libero con le regole dell'intelletto, di "presagire", "prefigurare" la totalità dell'esperienza, totalità che dobbiamo premettere appunto nel caso, ad esempio, della conoscenza degli organismi. Pur tuttavia "tale totalità è soltanto regolativa e non si può trasformare in una concezione costitutiva".

Dalla teleologia, che il giudizio riflettente rende visibile nel mondo della natura non è lecito desumere una teologia che dimostri l'esistenza di Dio la quale, però, non è esclusa.