L'Italia repubblicana
1. Dalla Liberazione agli anni '70
Con la liberazione del Nord Italia dalle truppe Nazi-Fasciste, il 25 aprile 1945, nasce il nuovo governo di coalizione antifascista guidato da Ferruccio Parri (partito d’Azione) e qualche mese dopo quello di De Gasperi (Dc) basato sull’asse Dc-Pci, i due partiti che maggiormente avevano preso parte alla Resistenza. Palmiro Togliatti fu guardasigilli (ministro dell’interno).
Il 2 giugno 1946, come promesso durante la Svolta di Salerno, viene indetto il referendum che sancisce la fine della monarchia e la nascita della Repubblica italiana. 45.8% favorevoli alla monarchia (maggioranza al sud) e 54.2% per la repubblica.
Nello stesso giorno ci furono le elezioni per l’assemblea costituente: DC 35.2%, PSI 20.7%, PCI 19% (a seguire gli altri partiti).
Nel luglio 1946 durante il Secondo governo De Gasperi diminuì la presenza dei comunisti nei vari ministeri fino alla estromissione assoluta della sinistra dal governo (precisa indicazione degli alleati statunitensi). La presenza dei socialisti e dei comunisti era però molto forte tra la popolazione e questo era visto molto male, oltre che dal governi DC, anche dagli alleati USA e, nel sud, dalla mafia. Infatti il 1° maggio 1947 si ha in Sicilia la prima strage di stato, la Strage di Portella della Ginestra che lasciò sul terreno 11 vittime e aprì scenari inquietanti sulla modalità di risoluzione dei conflitti sociali da parte di sezioni dello stato alleate con la Mafia. I governi successivi ostacolarono o smussarono fortemente gli effetti della riforma agraria, che era un passaggio assolutamente indispensabile per lo sviluppo del Meridione. Il motivo numero uno dell’arretratezza meridionale è la mancata riforma agraria.
1° gennaio 1948 entra in carica il presidente della Repubblica provvisorio Enrico de Nicola. Il primo presidente sarebbe stato eletto dall’assemblea parlamentare in seguito alle prime elezioni legislative previste per aprile.
18 aprile 1948. Sono le elezioni che nell’immaginario collettivo segnarono l’orientamento internazionale dell’Italia: sotto tutela Usa in caso di successo della DC, sotto tutela sovietica in caso di vittoria di socialisti e comunisti. In realtà l’Italia era già stata assegnata all’area di influenza americana dagli accordi di Yalta e nessuna elezione avrebbe cambiato questa collocazione internazionale. In ogni caso la propaganda anticomunista funzionò, così come le promesse di benessere legate al Piano Marshall[; il risultato fu la Dc al 48% e la coalizione Psi-Pci al 31%.
L’Italia entra nella Nato (1949) ed è tra i fondatori della Comunità Economica Carbone e Acciaio CECA nel 1951.
1953 giugno – Elezioni con la cosiddetta “legge truffa”. Per garantirsi una maggioranza in grado di cambiare anche la costituzione la DC introdusse un bonus per la vittoria elettorale per cui con il 50%+1 si sarebbe preso il 65% dei deputati. La coalizione disegnata intorno alla Dc prese il 49.85% fallendo l’obiettivo per una manciata di voti. Il successivo governo Scelba sarà l’ultimo atto di quel lento spostamento a destra che ha caratterizzato i primi anni di vita della Repubblica. Nel 1954 la guida della DC passa ad Amintore Fanfani che imprimerà un rotta completamente diversa al grande partito centrista. Nello stesso 1954 morirà Alcide De Gasperi, ancora oggi considerato uno dei più grandi statisti del nostro paese.
1955 – Il Psi di Pietro Nenni, stanco di una politica relegata alla opposizione perpetua, rompe l’alleanza con il Pci e risponde alle aperture di Fanfani. La sinistra della Dc e il Psi pensano ad una politica di riforme di ampia portata in grado di allargare la base di consenso e partecipazione della popolazione italiana, di modernizzare il paese e risolvere quelle contraddizioni che la fine della guerra e del regime non avevano risolto. Inizia così un percorso lento e faticoso per far entrare il Psi al governo.
Nel 1956, con Il XX Congresso del Pcus nel quale vennero denunciati i crimini di Stalin, viene sconvolto il quadro politico anche in Italia. La relazione tenuta da Kruscev attaccò le dogmatiche certezze propagandate (anche) dai comunisti italiani: 1. Esistono molte strade diverse per raggiungere il socialismo 2. Stalin era un feroce dittatore, responsabile delle grandi purghe, di aver distrutto la democrazia nel partito e di aver creato un assurdo culto della personalità. Fu un duro colpo per la credibilità politica del Pci.
È la fine dell’illusione per molti idealisti di sinistra. Il Pci appoggiò la linea di Mosca ma perse molti intellettuali e simpatizzanti. La posizione internazionale del Pci spinse ancora di più il Psi verso una scelta di campo definitiva: a fianco della Dc per una linea riformistica e svincolato completamente dall’influenza dell’Urss.
25 marzo 1957 – Trattati di Roma, nasce la Comunità Economica Europea (CEE). Ne fanno parte Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo, entra in vigore il 1° gennaio 1958.
Dal 1958 al 1959 emerse la figura di Amintore Fanfani, presidente del Consiglio con interim agli esteri e – contemporaneamente – segretario del Partito. Nel 1959 Fanfani cadde e il nuovo congresso elesse il 43enne barese professore di diritto Aldo Moro segretario della Democrazia Cristiana. La sua caratteristica principale era la prudenza.
Nel 1960 si ebbe nella DC una svolta a destra creando un governo con il supporto del partito MSI (ex fascisti) ma ebbe vita breve anche a causa della reazione della popolazione di sinistra (questo governo alimentò la forza dei comunisti) e da quel momento, con il ritorno di Fanfani, anche la Dc abbandonò (nella sua linea ufficiale), qualunque suggestione di governi vicini ad ambienti di estrema destra.
A novembre -con elezione di John Kennedy alla presidenza Usa, la linea democratica di apertura verso l’interno e distensione nella politica internazionale contribuì a creare un clima favorevole ai governi di centro-sinistra (considerati, dalla nuova amministrazione Usa, l’unica soluzione per fare le riforme e per isolare il Pci).
Nel 1962 si apre la stagione dei governi di centro sinistra con l'appoggio esterno del PSI chiedendo tre riforme, considerate condizione “sine qua non” per la collaborazione politica:
1. Nazionalizzazione industria elettrica
2. Scuola media unica
3. Istituzione delle Regioni.
A queste Fanfani ci aggiunse – nel discorso di insediamento – la pianificazione economica nazionale, la riforma agraria e quella dello Stato.
Cosa riuscì a fare? La nazionalizzazione dell’energia fu il risultato più evidente. I privati non avevano né l’interesse né la forza economica per promuovere gli investimenti necessari allo sviluppo omogeneo dell’intero paese.
Anche la scuola media unica fu un grande successo del centro-sinistra. I due diversi percorsi scolastici – professionali e licei – furono sostituiti da tre anni “uguali per tutti” con innalzamento dell’età di obbligo scolastico a 14 anni.
In autunno la spinta riformista si era già esaurita. Inflazione e fuga di capitali limitarono pesantemente l’azione di un governo esposto a pressioni crescenti in senso conservatore. Caddero pertanto due riforme in fase di attuazione: l’istituzione delle Regioni (decentramento del potere) e la pianificazione urbanistica che avrebbe impedito lo scempio del territorio dovuto alle speculazioni edilizie dei decenni successivi.
Nel 1963 il Psi entra nel governo. Dopo una gestazione di sei anni, finalmente esponenti socialisti entrarono nella squadra di governo. Il segretario Pietro Nenni fu il vicepresidente del primo governo Moro, Antonio Giolitti ministro del Bilancio. Erano però carismatici e anziani esponenti, non – come sarebbe stato necessario – giovani ed energici politici aperti a nuove prospettive. Paradossalmente l’azione riformista con l’ingresso dei socialisti al governo fu quasi azzerata. La strategia dei Dorotei e di Moro di anestetizzare il riformismo dietro un coinvolgimento sempre più esteso nei meccanismi del potere e del palazzo riuscì in pieno. Il Psi si divise, con la scissione dell’ala sinistra confluita nel Psiup.
1968 – Il Movimento studentesco
L’Università Cattolica di Trento è la prima – addirittura nell’autunno 1967 – ad iniziare una serie molto prolungata e clamorosa di proteste. A novembre anche la Cattolica di Milano segue l’esempio con sit-in e manifestazioni studentesche. Poi fu la volta di Torino. Gli studenti protestavano per l’aumento delle tasse e per il progetto di reintrodurre livelli di laurea diversi e meccanismi di accesso più rigidi. Quando la protesta di espanse in tutta Italia le richieste si moltiplicarono: adesso in discussione c’era tutto, dalle strutture ai metodi di insegnamento, dal contenuto dei corsi ai criteri degli esami.
La contestazione abbracciò metodi di azione inediti, come l’interruzione a sorpresa delle lezioni per sottoporre i professori ad una serie di questioni discusse in assemblea studentesca.
Il sottofondo delle richieste di merito era una cultura di alterità che si stava propagandando in tutto il mondo:
a. Il movimento hippy. Nasce negli Stati Uniti e poi si propaga nel resto del mondo. Oltre ad abbigliamento vivacemente colorato e decorato, il movimento si caratterizza per il forte accento sulle libertà di comportamento individuale, in particolare di libertà sessuale e dell’uso di sostanze stupefacenti. Dal punto di vista politico la contestazione prendeva di mira l’intervento americano in Vietnam e il perbenismo borghese.
b. L’epopea di Ernesto Ernesto Che Guevara incendiò la fantasia dei giovani contestatori di tutto il mondo. Come l’ultimo degli eroi romantici, il comandante argentino Guevara dopo aver contribuito alla liberazione di Cuba, lascia il posto di ministro per intraprendere altre azioni militari a favore dei popoli oppressi. La sua morte, in Bolivia il 9 ottobre del 1967, trasformò il “Che” in un vero e proprio mito; addirittura un’icona della cultura di sinistra del mondo moderno.
c. Altro esempio di lotta alle gerarchie esistenti venne dalla lontana Cina: la grande rivoluzione culturale promossa da Mao Tze tung (in realtà un inutile e assurdo bagno di sangue) fu percepita da molti giovani italiani come un esempio di ribellione antiautoritaria.
d. I testi del parroco di Barbiana Don Milani segnarono una svolta nella percezione di cosa sia la scuola e di cosa, invece, dovrebbe essere. La sua “lettera a una professoressa” – seguita dal manifesto a favore dell’obiezione di coscienza al servizio militare “l’obbedienza non è più una virtù” – fornì una chiara visione alternativa per cui lottare e pretendere il cambiamento.
Forse proprio il concetto dell’anti-autoritarismo è l’elemento chiave del ’68. Al di là del rifiuto apparente per i meccanismi del consumismo (industria musicale, cosmetica e abbigliamento trarranno grande impulso dalla rivoluzione sessantottina) è il fascino costituito dalla libertà individuale di rompere gli schemi tradizionali a costituire grande attrazione per il movimento di protesta della fine degli anni Sessanta. Libertà sessuale, uso di droghe, rotture dei limiti imposti da divieti e prassi consolidate esercitarono un potente richiamo per i giovani della classe media, per la prima volta nella storia massicciamente schierati a sinistra. La grande novità del movimento del ’68 è proprio la natura borghese dei suoi protagonisti. Fino a quel momento le istanze rivoluzionarie erano sempre state ispirate al riscatto del mondo proletario.
Febbraio – L’occupazione dell’Università di Roma fu contrastata dalle forze dell’ordine e si concluse con violenti scontri tra studenti e poliziotti. Da allora gli scontri divennero una appendice quasi quotidiana al confronto tra studenti e forze dell’ordine. Un “odio” che si tramuterà nel corso dei Settanta in una vera e propria “lotta armata”.
Marzo - Sciopero generale con adesioni altissime. Le condizioni degli operai stavano rapidamente declinando e le condizioni create dal decennio di crescita (operai giovani, molti emigrati, cultura più elevata, disuguaglianze cresciute tra operai e impiegati) chiedevano importanti riforme.
Maggio – Elezioni politiche e occupazione della città di Parigi (maggio francese). I risultati non cambiarono di nulla lo scenario politico. Dc maggioranza relativa (39.1%) e Pci all’opposizione con il 26.1%. Il Psi perse consensi a favore della sua ala rivoluzionaria il Psiup, per quello che sembrava il partito più vicino ai fermenti universitari.
Estate – In molti settori, soprattutto sull’esempio di Parigi, si diffuse l’idea di costruire i presupposti per fare la rivoluzione. In questa prospettiva il Pci era una forza della conservazione e andava scalzato come punto di riferimento per i simpatizzanti di sinistra. La natura spontanea del movimento fu sostituita da una miriade di gruppuscoli sostenuti da organizzazione, gerarchia, ideologia, disciplina e strategia rivoluzionaria vagamente riferita a Marx, Lenin, Stalin e Mao. Emersero leader, giornali, slogan con due elementi che si rivelarono estremamente negativi: la grande disponibilità all’uso della violenza e la convinzione che ci fossero le condizioni per promuovere la rivoluzione.
A gennaio un tremendo terremoto investì la valle del Belice in Sicilia. Circa 500 morti. Emblematica l’inefficienza della ricostruzione – incompiuta a distanza di quaranta anni – malgrado gli enormi fondi messi a disposizione.
1969 - L’autunno caldo
In autunno le agitazioni che da oltre un anno attraversavano le fabbriche italiane, spesso in modo autonomo dai sindacati nazionali, trovarono un punto di sbocco nello sciopero generale per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Oltre un milione e mezzo scese in piazza con una serie di richieste molto precise: aumento salariale, fine del cottimo, fine delle “gabbie salariali”, introduzione di norme per la sicurezza, rottura del legame tra aumenti salariali e produttività. Con questo repentino spostamento a sinistra Cgil Cisl Uil non si fecero scavalcare dalle molte sigle autonome sorte all’interno della fabbrica e riuscirono a ottenere grandi miglioramenti. Nel dicembre ’69 fu firmato il nuovo contratto nazionale con importanti conquiste:
- Aumenti salariali uguali per tutti
- Settimana di 40 ore
- Vantaggi per assunzioni di apprendisti e lavoratori studenti
- Diritto di organizzare assemblee all’interno delle fabbriche nelle ore lavorative con rimborso (max 10 in un anno).
I gruppi rivoluzionari denunciarono l’accordo come un “bidone”; in realtà il nuovo contratto rappresentò un grande successo per il sindacato e un modello di unità e coesione di notevole efficacia. Dal punto di vista politico “l’autunno caldo” non segnò un punto a favore dell’ideologia rivoluzionaria, piuttosto rafforzò il ruolo dei sindacati in una logica di dialettica democratica all’interno del modello capitalista.
Nel 1970 arrivò anche lo Statuto dei lavoratori, a fissare in modo ancor più esplicito le condizioni di garanzia del lavoratore secondo le linee teoriche delineate dalla Costituzione. Le agitazioni nel mondo del lavoro continuarono ancora negli anni a venire ’71 e ’72 anche attraverso i consigli di fabbrica e grazie a un consistente aumento degli iscritti alle sigle sindacali più importanti.
Quello che non riuscì – forse anche per una carenza di visione complessiva – fu di spingere governo e parlamento a varare le riforme utili per uno spostamento strutturale su posizione di progresso generalizzato. Interventi di tipo universalistico – e non esclusivamente per categoria – su temi quali la Sanità, l’Istruzione, alle Pensioni, il sistema fiscale.
Marzo 1973 – Nuovo rinnovo di categoria dei metalmeccanici. Fu l’ultimo grande successo del movimento operaio, in un clima nuovo del mercato del lavoro. La fase di espansione accelerata era finita, c’erano accenni di crisi economica e il governo avviò una politica deflazionistica. In questo quadro gli obiettivi del sindacato abbandonarono (drammaticamente per sempre!) rivendicazioni di tipo generale sulla organizzazione del lavoro per concentrarsi esclusivamente sulla difesa del posto di lavoro e il mantenimento dei salari reali in relazione all’inflazione. Fu introdotta in questa occasione la legge delle 150 ore annue di congedo retribuito che consentiva a tutti i lavoratori di frequentare corsi di studio.
Anni Settanta – altri movimenti sociali
L’aria del cambiamento investì l’intero arco sociale e culturale. Non ci fu praticamente campo che non fu attraversato da forti tensioni di innovazione, quasi sempre orientate ad allargare il controllo, la gestione e la finalità stessa del corpo istituzionali ad una società più libera, più democratica, più partecipe.
Magistratura – Pervasa da mentalità e uomini legati al regime fascista, la magistratura ha rappresentato per tanti anni in Italia il punto debole dell’architrave democratica, con una sistematica asimmetria di giudizio sia per classe sociale sia per orientamento politico. Sull’onda dei movimenti del ’68 un gruppo di giovani magistrati fondò “Magistratura Democratica” per democratizzare strutture e mentalità:
“… colpivano ora non, come sempre era avvenuto, mendicanti e ladruncoli, debitori pignorati e venditori ambulanti, ma grandi interessi economici ed esponenti del potere politico e amministrativo”.
Movimento per la casa – In molte città si organizzarono comitati di cittadini in attesa della consegna delle case popolari oppure con abitazioni già assegnate ma in pessime condizioni di servizi. Rivendicavano il diritto ad avere un alloggio e un canone equo. La forma di lotta più comune era l’occupazione abusiva, spesso scatenando ulteriori problemi di “guerra tra poveri”. Un metodo che in molte situazioni comunque ottenne il risultato (amministrazioni locali si impegnarono per trovare alloggi a costi adeguati).
Esercito – La propaganda rivoluzionaria arrivò anche nelle caserme, con giovani di leva, impegnati nella diffusione di idee di estrema sinistra e, talvolta, partecipando in divisa (con gli occhiali scuri) alle manifestazioni della classe operaia.
Istruzione – La società civile – che nella maggior parte rimase estranea alle manifestazioni e alle lotte dei gruppi rivoluzionari – visse i primi anni ’70 con una vitalità mai eguagliata. Ogni giorno nasceva per iniziativa spontanea dei cittadini, delle associazioni, dei comitati, una alternativa alle strutture esistenti: asili, consultori, scuole di strada, riviste, giornali di quartiere, centri sociali. La finalità era quella di rompere con la tradizione di autorità e gerarchia della tradizionale cultura italiana e, nello stesso tempo, attivare una forma di socializzazione ben diversa della atomizzazione e frammentazione sociale a cui i tempi moderni stavano rapidamente portando.
Carceri e manicomi – L’attenzione verso possibili “soggetti rivoluzionari” alzò l’attenzione intorno a situazioni troppo spesso dimenticate dai media italiani. Le inchieste di Lotta Continua sulle carceri rivelò un mondo di sottonutrizione, intimidazioni, di sentenze sbagliate di sovraffollamento … non fu tanto il successo sui detenuti a contare, quanto l’aver scoperchiato un sistema decisamente incoerente con lo status di nazione civile.
Ancora più critica era la situazione dell’altra “istituzione totale”: i manicomi per il ricovero dei malati di mente. Alcuni giovani medici iniziarono una lunga battaglia per riscattare la vita di migliaia di cittadini a cui le istituzioni avevano trasformato la malattia in una colpa da espiare in strutture di tortura, di detenzione, di drammatica sopravvivenza a se stessi.
L’attivismo della società civile stava inchiodando una imbalsamata classe dirigente ad assumersi le responsabilità per un profondo cambiamento. Qualcosa doveva essere fatto (anche per evitare una improbabile sollevazione rivoluzionaria) e i soggetti in gioco – Dc, Pci, sindacati, Confindustria, Banca d’Italia – erano chiamati a fare la loro parte.