Platonismo e Aristotelismo

1. Introduzione

Platonismo

Nell’Umanesimo si ha una vera e propria riscoperta di Platone nel cosiddetto “Platonismo rinascimentale”. Si vide in lui la figura più affascinante della classicità per il suo filosofare aperto e problematico diversamente da Aristotele o dall’Aquinate e, perciò sembrava il più adatto a esprimere l’inquietudine dell’uomo e la complessità del reale. In particolare, non essendo distinto da Plotino appariva l’anticipatore dello spirito religioso cristiano e adatto a esprimere il rapporto fra Dio e mondo secondo il doppio processo della derivazione del mondo da Dio e del ritorno del mondo allo stesso (ciclo platonico). Questo interesse per Platone, si concretizzò nelle prime traduzioni dei Dialoghi (riscoperti proprio nel Rinascimento), di Leonardo Bruni e in seguito, da parte di Marsilio Ficino (soprattutto a Firenze centro geografico nel Platonismo) che, tuttavia, non svincolarono Plotino dall’insegnamento Platonico che, continuò infatti, a essere interpretato in chiave neoplatonica. Esso perciò assunse la forma di un neoplatonismo cristianeggiante ben lontano dal conoscere il Vero volto del filosofo classico.

Aristotelismo
Centro dell’Aristotelismo è Padova, nella cui università già dal XIII secolo, sulla riflessione di Averroè, si era indagato sul significato più autentico delle opere dello stagirita. Da questo tentativo, si affrontarono traduzioni filologicamente più corrette e si individuarono i “commentatori” più aderenti al vero significato aristotelico, come Alessandro di Afrodisia e Simplicio. L’aristotelismo di questo periodo si divise in due correnti: Averroisti e Alessandristi.
•I Primi concepivano un unico intelletto separato, e in quanto tale immortale, e l’individuo mortale;
•Gli Alessandristi concepivano l’uomo mortale e l’anima anch’essa tale poiché legata al corpo;
Nonostante ciò, comunque, entrambi gli orientamenti presentano notevoli interessi in comunione tra cui: una mentalità naturalistico - razionalistica (la natura è il campo privilegiato della filosofia e la ragione metodo della ricerca), l’interesse per la gnoseologia e del problema dell’anima, la separazione del campo della Fede e della Ragione e infine, la Dottrina della “Doppia Verità” (una tesi può essere contemporaneamente vera in filosofia e falsa in teologia e viceversa). Tale teoria, considerata per molto tempo una possibile applicazione del pensiero averroniano, recentemente è stata inquisita da molti studiosi tra cui Kristeller, ed ha assunto un significato più sottile, volendo intendere che un’idea può essere più probabile secondo la ragione che per la fede.