Il movimento sembra creare non pochi problemi nella ricerca scientifica della natura: come si può dire qualcosa di vero di qualcosa che cambia? E se il cambiamento comporta il non-essere come se ne può anche solo parlare?
(Eraclito, Parmenide, Anassagora, Empedocle)
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Movimento
Fin dall' inizio si è detto che ogni ente è in continua mutazione e che quindi non si può dire di niente la verità, poiché anche mentre affermo qualcosa di un oggetto esso è già cambiato.
Molti filosofi hanno affrontato il tema del movimento.
Eraclito affermava l' unica cosa certa di cui si potesse dire la verità era la lotta continua tra gli opposti. Egli diceva infatti che ogni ente esiste grazie al suo opposto e la guerra tra di essi è infinita dato che all' aumentare di uno l' altro diminuisce e viceversa.
Parmenide invece definisce l' essere come immobile perchè non esistono posti dove esso non sia.
Questa teoria viene sostenuta dal suo allievo Zenone che facendo delle ipotesi per assurdo dimostra che niente si muove perché tra due enti ci sono infiniti punti da percorrere ed è quindi impossibile attraversare uno spazio infinito in un tempo finito.
Anassagora, infine, contraddice Parmenide dicendo che l' essere è composto da infiniti attributi chiamati omeomerie, divisibili all' infinito e che quindi il movimento sia possibile.
Non direi che Anassagora contraddica Parmenide... anzi, ci prova in tutti i modi a non farlo (sono i problemi affrontati nella cosiddetta "terza via": riuscire a parlare dei fenomeni senza contraddire l'unicità dell'essere).
Buona comunque l'analisi, manca una sintesi che li comprenda tutti rispondendo alle domande della consegna.