Agostino
I fondamenti di una metafisica cristiana.
Vescovo di Ippona, nasce a Tagaste nel 354 d.C., nell'Africa Romana, e inizialmente aderisce al manicheismo. Nel 384 incontra a Milano il vescovo Ambrogio (successivamente Santo, patrono di Milano) che lo converte al neoplatonismo di Plotino.
Di Plotino, Agostino apprezza numerosi aspetti che utilizzerà per creare una metafisica del cristianesimo:
- Antimaterialismo
- Ricerca della verità nell'anima
- Trascendenza di Dio
- Logos come mente divina
- Male come privazione di Essere
Agostino si trova ad essere una sorta di sintesi tra le teologie di Giovanni (di cui riprende l'immagine di Cristo come il logos, ovvero la parola intellegibile di Dio), Paolo (per cui nessuna iniziativa umana può riscattare la colpa originale ma solo la Fede, che è Grazia di Dio) e Plotino (di cui riprende l'impalcatura metafisica).
Sarà tramite Plotino e la sua traduzione in Agostino che il platonismo diventerà una componente così fondamentale di tutta la cultura europea.
Il dialogo interiore
Di Platone, Agostino riprende il dialogo che però trasforma in dialogo interiore (Soliloquio): dalla ricerca delle essenze alla meditazione esistenziale cui contenuti della coscienza.
Nell'interiorità si scopre la connessione DIO<->ANIMA:
- DIO ha bisogno dell'Anima perché in essa solo custodite le sue tracce
- ANIMA ha bisogno di Dio perché fondamento dell'essere e del conoscere
Il conosci te stesso di Socrate qui diventa: torna in te stesso (dove l’anima trova la verità) e trascendi te stesso (e l’anima trova Dio).
La verità ha dunque una doppia dimensione: da un lato è immanente nell’anima (Idee eterne platoniche) ma anche trascende l’anima e coincide con Dio, fondamento e criterio della conoscenza.
In questo sforzo dell’anima di ricongiungersi a Dio ragione e fede sono strettamente unite e in grado di collaborare e sostenersi a vicenda. Questo rapporto è sintetizzato da Agostino nella celebre massima: Crede ut intelligas, intellige ut credas. Per fare una corretta filosofia che porti alla verità occorre la fede che ne dia il giusto orizzonte o fine, per credere occorre capire ciò incontriamo nel nostro percorso verso Dio.
Conoscenza come illuminazione
Nella ricerca della verità Agostino tenta di superare una corrente filosofica molto radicata nel suo tempo: lo scetticismo, ovvero quella corrente che sostiene che di qualsiasi verità si possa dubitare. Agostino risponde che chi dubita sa di dubitare quindi anche il dubbio è fonte di certezza (si fallor sum). In altri termini: il dubbio presuppone un rapporto dell’uomo con la verità. La verità però, di cui l’uomo non può dubitare, non può essere nell’uomo (che altrimenti non la metterebbe in dubbio) e dunque non può che essere in Dio.
Ma se l’uomo non è la verità ma solo può accoglierla, come avviene questa conoscenza? Agostino non può seguire qui Platone (e nemmeno Plotino) che avevano parlato di reminiscenza (impensabile per un cristiano) e questa la sostituisce con la teoria dell’illuminazione: Dio illumina la mente e l’anima e scopre le Idee. Idee che non possono essere create dall’anima (per i motivi di cui sopra) ma solo da Dio. Le idee che intendiamo qui sono quelle che Platone chiamava Idee matematiche, ovvero le idee della scienza, che sono comuni a tutti gli uomini (per le altre, quelle Valore, occorre anche la Fede).
La struttura trinitaria e il peccato
La possibilità di cercare Dio e di amarlo è radicata nella natura umana, come naturale desiderio dell’anima di “tornare a casa” (oikeiosis). L’uomo è, in questo senso, creato a immagine somiglianza di Dio e quindi anche l’uomo ha una struttra trinitaria:
1. Memoria, presenza dell’anima a se stessa
2. Intelligenza
3. Volontà o Amore
Questa struttura, seppure imperfetta in rapporto a Dio, dà comunque la possibilità che questo “ritorno” si realizzi. L’Anima, infatti, come già Plotino scrive, potrebbe scegliere di vivere nel corpo per il corpo (pervertendo il senso e la direzione della terza facoltà umana: la volontà).
Non indirizzare la volontà verso Dio è una falsa scelta, frutto di superbia o ignoranza della volontà.
Agostino ha speso molte parole sulla definizione del Male (avendo aderito in gioventà ad una setta manichea) ma è con Plotino che trova la sua migliore definizione: il male, metafisicamente parlando, non ha una sua realtà ma è solo una provazione del bene, quindi una assenza (o minore presenza) di Dio. Da un punto di vista morae significa dunque una deficienza della volontà che non è capace di essere indirizzata verso l’unica fonte del Bene, cioè Dio.