Rousseau
fonte: filosofico.net
Separatosi da Madame de Warens, arrivò a Parigi ed entrò in contatto con gli Enciclopedisti. Scrisse parecchi articoli per la famosa Enciclopedia, tra cui alcuni di carattere musicale : si dilettava infatti anche di composizione, ed un suo melodramma fu persino rappresentato a Versailles, alla presenza del re. Nel 1757 interruppe i suoi rapporti con gli Enciclopedisti e si ritirò a Montmorency, dove scrisse La nuova Eloisa (1761), il Contratto sociale (1762), l’Emilio (1762). Poiché queste opere furono condannate sia dalle autorità parigine che ginevrine, si rifugiò a Neuchâtel, in un territorio svizzero ma soggetto al re di Prussia. Si trasferì per un po’ anche in Inghilterra, a Londra, su invito di Hume, ma poco dopo i rapporti fra i due pensatori di guastarono e Rousseau se ne tornò in Francia. Si ritirò, a causa delle cattive condizioni di salute, ad Ermenonville, dove morì nel 1778, dopo aver scritto un’autobiografia, che intitolò Confessioni.
Discorso sulle scienze e sulle arti
Il saggio che darà una certa notorietà a Rousseau fu il Discorso sulle scienze e sulle arti (1750), che egli aveva scritto in seguito ad un concorso indetto dall’Accademia di Digione sul tema: “La rinascita della scienza e delle arti ha contribuito a corrompere o a purificare i costumi?”. Il breve scritto di Rousseau, che otterrà il primo premio, rivelò una personalità originale, con una forte determinazione ad andare al cuore dei problemi e desiderosa di rinnovamento e di rigenerazione radicale della società.
Origine della disuguaglianza
Il contratto sociale
da un lato che l’uomo è e deve restare libero;
dall’altro che la società implica un ordine e quindi delle rinunce.
Rousseau ha compreso, con grande acume, che una delle possibili matrici della illibertà risiede proprio nella delega del potere da parte del complesso dei cittadini ad un gruppo di essi. Tale delega appare a Rousseau comunque dannosa. La sovranità andrebbe attribuita invece al solo io comune del popolo. Solo il popolo è il legittimo titolare del potere. In più, il popolo può bensì affidare per motivi di convenienza pratica la gestione degli affari pubblici ad appositi deputati, ma costoro non devono essere considerati in alcun modo i depositari di una sorta di potere separato.
L’ideale politico delineato da Rousseau si incarna in una comunità di non grandi dimensioni, in cui il cittadino sia, insieme, governato e governante (dietro tutto ciò c’era forse il modello di Ginevra).
Ma un modello politico del genere è concretamente realizzabile? Rousseau risponde che l’uomo non è solo istinto, mera volizione egoistica e cieca; egli è anche ragione, coscienza, riflessione. Perciò può riuscire a guardare al di là del proprio perimetro soggettivo, a cogliere valori più ampi, a partecipare ad istanze che lo trascendono, pur restando anche sue proprie istanze. Questa capacità gli consente di ascoltare una volontà che non è la sua semplice volontà individuale, ma è la cosiddetta volontà generale. Essa è la voce della collettività, l’espressione degli interessi socialmente costituiti, la prospettiva rivolta costantemente all’utilità generale. essa è un’espressione di noi stessi, del nostro essere uomini. Obbedendo alla volontà generale, l’uomo obbedisce pertanto a se stesso, anzi, alla parte più razionale e morale di se stesso; per questo una tale obbedienza pone in essere la sola libertà degna di questo nome. In breve, l’uomo è propriamente tale solo in quanto è cittadino che coglie ed accetta le esigenze profonde e razionali della società.
L'Emilio
Nello stesso anno in cui è pubblicato il Contratto sociale, esce anche l’Emilio, e non a caso. L’opera delinea infatti un modello di uomo senza il quale il modello di società delineato nel Contratto sociale non poteva neppure essere pensato. L’educazione si configura per Rousseau come quell’intervento attraverso cui si può plasmare un’umanità capace di vivere, anzi di convivere, secondo i dettami della giustizia e della ragione. Prima che all’istruzione di un fanciullo e alla preparazione di un adulto o, meglio, di un cittadino, Rousseau punta alla formazione di un uomo :“Vivere è il mestiere che gli voglio insegnare. Uscendo dalle mie mani, egli … sarà prima di tutto un uomo : tutto quello che un uomo dev’essere, egli saprà esserlo, all’occorrenza, al pari di chiunque : e per quanto la fortuna possa fargli cambiare condizione, egli si troverà sempre nella sua” (cfr. Emilio, libro 1°).
Il principio-guida dell’opera di Rousseau è costituito da una libertà ben guidata, non da una libertà capricciosa e disordinata. A tale scopo l’itinerario e l’ideale educativo deve essere graduale e rispettoso dei vari stadi di sviluppo. In primo luogo, il precettore non deve considerare il fanciullo come un adulto in miniatura :
“La natura vuole che i fanciulli siano fanciulli prima di essere uomini. L’infanzia ha certi modi di vedere, di pensare, di sentire del tutto speciali; niente è più sciocco che voler sostituire ad essi i nostri”.
Rispettando tale sviluppo, dalla nascita ai dodici anni, bisogna badare all’esercizio intelligente dei sensi. Da qui l’esigenza di educare il fanciullo a sviluppare liberamente il bisogno di muoversi, di giocare, di conoscere il proprio corpo. E’ il periodo della cosiddetta educazione negativa, la quale consiste “non già nell’insegnare la virtù e la verità, ma nel garantire il cuore dal vizio e la mente dall’errore”. Tale principio deriva dall’assunto che non vi è perversità nel cuore umano, che la deviazione e il vizio vengono dall’esterno. I vizi presi nell’età della prima formazione, quella che va appunto dalla nascita ai dodici anni, non saranno più sradicati : occorre perciò proteggere in ogni modo Emilio dalle influenze negative dell’ambiente, favorendo invece lo sviluppo delle sue inclinazioni naturali. L’educatore pianificherà ogni cosa affinché Emilio compia da sé le scoperte che costituiscono la sua conoscenza del mondo. Anche l’obbedienza, in questo periodo, sarà ottenuta con la pura autorità, senza discussione : “Adoperate la forza con i fanciulli e la ragione con gli uomini”. Dai dodici ai quindici anni occorre sviluppare l’educazione intellettuale, orientando l’attenzione del ragazzo verso le scienze, dalla fisica alla geometria all’astronomia, attraverso un contatto diretto con le cose, allo scopo di cogliere le regolarità e le necessità della natura; si collegherà inoltre ogni conoscenza ad un’utilità riconoscibile dal ragazzo, che ricostruirà poi da sé i principi delle scienze. Dai quindici ai ventidue anni è il momento dell’educazione morale, sociale e religiosa. L’educazione alla virtù farà di Emilio un “uomo morale” : e la moralità consisterà nel sapere disciplinare le passioni, seguendo il lume della ragione e la voce della coscienza.
Da ultimo, l’educazione politica preparerà Emilio alla vita sociale : imparerà a distinguere il giusto dall’ingiusto e agirà secondo l’accordo della sua volontà con quella generale della comunità. Potrà così diventare un buon cittadino ed un buon marito e padre (conoscerà Sofia, la sua futura sposa). L’ideale etico-religioso di Rousseau in quest’opera è esposto nel quarto libro, nella famosa Professione di fede del vicario savoiardo. Le verità fondamentali in cui tutti credono sono due : l’esistenza di un essere supremo e l’immortalità dell’anima. Rousseau dice di rifiutare la dottrina del peccato originale e la salvezza soprannaturale e propone invece una “professione di fede puramente civile, di cui spetta al sovrano fissare gli articoli”. Tali articoli sono le due verità dette prima con in più “la santità del contratto sociale e delle leggi”, e l’aggiunta di un dogma negativo, l’intolleranza. “Bisogna tollerare – sostiene Rousseau – tutte quelle religioni che a loro volta tollerano le altre, fintanto che i loro dogmi non contengano niente di contrario ai doveri del cittadino. Ma chiunque osi dire che fuori della Chiesa non c’è salvezza, dev’essere espulso dallo Stato”.